Legge 8 marzo 2000, n. 53
"Disposizioni per il sostegno
della maternità e della paternità, per il diritto
alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle
città".
Gazzetta Ufficiale n. 60 del 13 marzo 2000
Capo I
PRINCIPI GENERALI
Art. 1.
(Finalità).
1. La presente legge promuove un equilibrio
tra tempi di lavoro, di cura, di formazione e di relazione, mediante:
a) l'istituzione dei congedi dei genitori e l'estensione del sostegno
ai genitori di soggetti portatori di handicap;
b) l'istituzione del congedo per la formazione continua e l'estensione
dei congedi per la formazione;
c) il coordinamento dei tempi di funzionamento delle città
e la promozione dell'uso del tempo per fini di solidarietà
sociale.
Art. 2.
(Campagne informative).
1. Al fine di diffondere la conoscenza delle
disposizioni della presente legge, il Ministro per la solidarietà
sociale è autorizzato a predisporre, di concerto con il Ministro
del lavoro e della previdenza sociale, apposite campagne informative,
nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio destinati allo
scopo.
Capo II
CONGEDI PARENTALI, FAMILIARI E FORMATIVI
Art. 3.
(Congedi dei genitori).
1. All'articolo 1 della legge 30 dicembre 1971,
n. 1204, dopo il terzo comma è inserito il seguente:
"Il diritto di astenersi dal lavoro di cui all'articolo 7,
ed il relativo trattamento economico, sono riconosciuti anche se
l'altro genitore non ne ha diritto. Le disposizioni di cui al comma
1 dell'articolo 7 e al comma 2 dell'articolo 15 sono estese alle
lavoratrici di cui alla legge 29 dicembre 1987, n. 546, madri di
bambini nati a decorrere dal 1° gennaio 2000. Alle predette
lavoratrici i diritti previsti dal comma 1 dell'articolo 7 e dal
comma 2 dell'articolo 15 spettano limitatamente ad un periodo di
tre mesi, entro il primo anno di vita del bambino".
2. L'articolo 7 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, è
sostituito dal seguente:
Art. 7. - 1. Nei primi otto anni di vita del bambino ciascun genitore
ha diritto di astenersi dal lavoro secondo le modalità stabilite
dal presente articolo. Le astensioni dal lavoro dei genitori non
possono complessivamente eccedere il limite di dieci mesi, fatto
salvo il disposto del comma 2 del presente articolo. Nell'ambito
del predetto limite, il diritto di astenersi dal lavoro compete:
a) alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di astensione obbligatoria
di cui all'articolo 4, primo comma, lettera c), della presente legge,
per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi;
b) al padre lavoratore, per un periodo continuativo o frazionato
non superiore a sei mesi;
c) qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo
o frazionato non superiore a dieci mesi.
2. Qualora il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi
dal lavoro per un periodo non inferiore a tre mesi, il limite di
cui alla lettera b) del comma 1 è elevato a sette mesi e
il limite complessivo delle astensioni dal lavoro dei genitori di
cui al medesimo comma è conseguentemente elevato a undici
mesi.
3. Ai fini dell'esercizio del diritto di cui al comma 1, il genitore
è tenuto, salvo casi di oggettiva impossibilità, a
preavvisare il datore di lavoro secondo le modalità e i criteri
definiti dai contratti collettivi, e comunque con un periodo di
preavviso non inferiore a quindici giorni.
4. Entrambi i genitori, alternativamente, hanno diritto, altresí,
di astenersi dal lavoro durante le malattie del bambino di età
inferiore a otto anni ovvero di età compresa fra tre e otto
anni, in quest'ultimo caso nel limite di cinque giorni lavorativi
all'anno per ciascun genitore, dietro presentazione di certificato
rilasciato da un medico specialista del Servizio sanitario nazionale
o con esso convenzionato. La malattia del bambino che dia luogo
a ricovero ospedaliero interrompe il decorso del periodo di ferie
in godimento da parte del genitore.
5. I periodi di astensione dal lavoro di cui ai commi 1 e 4 sono
computati nell'anzianità di servizio, esclusi gli effetti
relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità o alla gratifica
natalizia. Ai fini della fruizione del congedo di cui al comma 4,
la lavoratrice ed il lavoratore sono tenuti a presentare una dichiarazione
rilasciata ai sensi dell'articolo 4 della legge 4 gennaio 1968,
n. 15, attestante che l'altro genitore non sia in astensione dal
lavoro negli stessi giorni per il medesimo motivo".
3. All'articolo 10 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, sono aggiunti,
in fine, i seguenti commi:
"Ai periodi di riposo di cui al presente articolo si applicano
le disposizioni in materia di contribuzione figurativa, nonché
di riscatto ovvero di versamento dei relativi contributi previsti
dal comma 2, lettera b), dell'articolo 15.
In caso di parto plurimo, i periodi di riposo sono raddoppiati e
le ore aggiuntive rispetto a quelle previste dal primo comma del
presente articolo possono essere utilizzate anche dal padre".
4. L'articolo 15 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, è
sostituito dal seguente:
"Art. 15. - 1. Le lavoratrici hanno diritto ad un'indennità
giornaliera pari all'80 per cento della retribuzione per tutto il
periodo di astensione obbligatoria dal lavoro stabilita dagli articoli
4 e 5 della presente legge. Tale indennità è comprensiva
di ogni altra indennità spettante per malattia.
2. Per i periodi di astensione facoltativa di cui all'articolo 7,
comma 1, ai lavoratori e alle lavoratrici è dovuta:
a) fino al terzo anno di vita del bambino, un'indennità pari
al 30 per cento della retribuzione, per un periodo massimo complessivo
tra i genitori di sei mesi; il relativo periodo, entro il limite
predetto, è coperto da contribuzione figurativa;
b) fuori dei casi di cui alla lettera a), fino al compimento dell'ottavo
anno di vita del bambino, e comunque per il restante periodo di
astensione facoltativa, un'indennità pari al 30 per cento
della retribuzione, nell'ipotesi in cui il reddito individuale dell'interessato
sia inferiore a 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione
a carico dell'assicurazione generale obbligatoria; il periodo medesimo
è coperto da contribuzione figurativa, attribuendo come valore
retributivo per tale periodo il 200 per cento del valore massimo
dell'assegno sociale, proporzionato ai periodi di riferimento, salva
la facoltà di integrazione da parte dell'interessato, con
riscatto ai sensi dell'articolo 13 della legge 12 agosto 1962, n.
1338, ovvero con versamento dei relativi contributi secondo i criteri
e le modalità della prosecuzione volontaria.
3. Per i periodi di astensione per malattia del bambino di cui all'articolo
7, comma 4, è dovuta:
a) fino al compimento del terzo anno di vita del bambino, la contribuzione
figurativa;
b) successivamente al terzo anno di vita del bambino e fino al compimento
dell'ottavo anno, la copertura contributiva calcolata con le modalità
previste dal comma 2, lettera b).
4. Il reddito individuale di cui al comma 2, lettera b), è
determinato secondo i criteri previsti in materia di limiti reddituali
per l'integrazione al minimo.
5. Le indennità di cui al presente articolo sono corrisposte
con gli stessi criteri previsti per l'erogazione delle prestazioni
dell'assicurazione obbligatoria contro le malattie dall'ente assicuratore
della malattia presso il quale la lavoratrice o il lavoratore è
assicurato e non sono subordinate a particolari requisiti contributivi
o di anzianità assicurativa".
5. Le disposizioni del presente articolo trovano applicazione anche
nei confronti dei genitori adottivi o affidatari. Qualora, all'atto
dell'adozione o dell'affidamento, il minore abbia un'età
compresa fra sei e dodici anni, il diritto di astenersi dal lavoro,
ai sensi dei commi 1 e 2 del presente articolo, può essere
esercitato nei primi tre anni dall'ingresso del minore nel nucleo
familiare. Nei confronti delle lavoratrici a domicilio e delle addette
ai servizi domestici e familiari, le disposizioni dell'articolo
15 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, come sostituito dal comma
4 del presente articolo, si applicano limitatamente al comma 1.
Art. 4.
(Congedi per eventi e cause particolari).
1. La lavoratrice e il lavoratore hanno diritto
ad un permesso retribuito di tre giorni lavorativi all'anno in caso
di decesso o di documentata grave infermità del coniuge o
di un parente entro il secondo grado o del convivente, purché
la stabile convivenza con il lavoratore o la lavoratrice risulti
da certificazione anagrafica. In alternativa, nei casi di documentata
grave infermità, il lavoratore e la lavoratrice possono concordare
con il datore di lavoro diverse modalità di espletamento
dell'attività lavorativa.
2. I dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati possono richiedere,
per gravi e documentati motivi familiari, fra i quali le patologie
individuate ai sensi del comma 4, un periodo di congedo, continuativo
o frazionato, non superiore a due anni. Durante tale periodo il
dipendente conserva il posto di lavoro, non ha diritto alla retribuzione
e non può svolgere alcun tipo di attività lavorativa.
Il congedo non è computato nell'anzianità di servizio
né ai fini previdenziali; il lavoratore può procedere
al riscatto, ovvero al versamento dei relativi contributi, calcolati
secondo i criteri della prosecuzione volontaria.
3. I contratti collettivi disciplinano le modalità di partecipazione
agli eventuali corsi di formazione del personale che riprende l'attività
lavorativa dopo la sospensione di cui al comma 2.
4. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente
legge, il Ministro per la solidarietà sociale, con proprio
decreto, di concerto con i Ministri della sanità, del lavoro
e della previdenza sociale e per le pari opportunità, provvede
alla definizione dei criteri per la fruizione dei congedi di cui
al presente articolo, all'individuazione delle patologie specifiche
ai sensi del comma 2, nonché alla individuazione dei criteri
per la verifica periodica relativa alla sussistenza delle condizioni
di grave infermità dei soggetti di cui al comma 1.
Art. 5.
(Congedi per la formazione).
1. Ferme restando le vigenti disposizioni relative
al diritto allo studio di cui all'articolo 10 della legge 20 maggio
1970, n. 300, i dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati,
che abbiano almeno cinque anni di anzianità di servizio presso
la stessa azienda o amministrazione, possono richiedere una sospensione
del rapporto di lavoro per congedi per la formazione per un periodo
non superiore ad undici mesi, continuativo o frazionato, nell'arco
dell'intera vita lavorativa.
2. Per "congedo per la formazione" si intende quello finalizzato
al completamento della scuola dell'obbligo, al conseguimento del
titolo di studio di secondo grado, del diploma universitario o di
laurea, alla partecipazione ad attività formative diverse
da quelle poste in essere o finanziate dal datore di lavoro.
3. Durante il periodo di congedo per la formazione il dipendente
conserva il posto di lavoro e non ha diritto alla retribuzione.
Tale periodo non è computabile nell'anzianità di servizio
e non è cumulabile con le ferie, con la malattia e con altri
congedi. Una grave e documentata infermità, individuata sulla
base dei criteri stabiliti dal medesimo decreto di cui all'articolo
4, comma 4, intervenuta durante il periodo di congedo, di cui sia
data comunicazione scritta al datore di lavoro, dà luogo
ad interruzione del congedo medesimo.
4. Il datore di lavoro può non accogliere la richiesta di
congedo per la formazione ovvero può differirne l'accoglimento
nel caso di comprovate esigenze organizzative. I contratti collettivi
prevedono le modalità di fruizione del congedo stesso, individuano
le percentuali massime dei lavoratori che possono avvalersene, disciplinano
le ipotesi di differimento o di diniego all'esercizio di tale facoltà
e fissano i termini del preavviso, che comunque non può essere
inferiore a trenta giorni.
5. Il lavoratore può procedere al riscatto del periodo di
cui al presente articolo, ovvero al versamento dei relativi contributi,
calcolati secondo i criteri della prosecuzione volontaria.
Art. 6.
(Congedi per la formazione continua).
1. I lavoratori, occupati e non occupati, hanno
diritto di proseguire i percorsi di formazione per tutto l'arco
della vita, per accrescere conoscenze e competenze professionali.
Lo Stato, le regioni e gli enti locali assicurano un'offerta formativa
articolata sul territorio e, ove necessario, integrata, accreditata
secondo le disposizioni dell'articolo 17 della legge 24 giugno 1997,
n. 196, e successive modificazioni, e del relativo regolamento di
attuazione. L'offerta formativa deve consentire percorsi personalizzati,
certificati e riconosciuti come crediti formativi in ambito nazionale
ed europeo. La formazione può corrispondere ad autonoma scelta
del lavoratore ovvero essere predisposta dall'azienda, attraverso
i piani formativi aziendali o territoriali concordati tra le parti
sociali in coerenza con quanto previsto dal citato articolo 17 della
legge n. 196 del 1997, e successive modificazioni.
2. La contrattazione collettiva di categoria, nazionale e decentrata,
definisce il monte ore da destinare ai congedi di cui al presente
articolo, i criteri per l'individuazione dei lavoratori e le modalità
di orario e retribuzione connesse alla partecipazione ai percorsi
di formazione.
3. Gli interventi formativi che rientrano nei piani aziendali o
territoriali di cui al comma 1 possono essere finanziati attraverso
il fondo interprofessionale per la formazione continua, di cui al
regolamento di attuazione del citato articolo 17 della legge n.
196 del 1997.
4. Le regioni possono finanziare progetti di formazione dei lavoratori
che, sulla base di accordi contrattuali, prevedano quote di riduzione
dell'orario di lavoro, nonché progetti di formazione presentati
direttamente dai lavoratori. Per le finalità del presente
comma è riservata una quota, pari a lire 30 miliardi annue,
del Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del
decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni,
dalla legge 19 luglio 1993, n. 236. Il Ministro del lavoro e della
previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica, provvede annualmente,
con proprio decreto, a ripartire fra le regioni la predetta quota,
sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
Art. 7.
(Anticipazione del trattamento di fine rapporto).
1. Oltre che nelle ipotesi di cui all'articolo
2120, ottavo comma, del codice civile, il trattamento di fine rapporto
può essere anticipato ai fini delle spese da sostenere durante
i periodi di fruizione dei congedi di cui all'articolo 7, comma
1, della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, come sostituito dall'articolo
3, comma 2, della presente legge, e di cui agli articoli 5 e 6 della
presente legge. L'anticipazione è corrisposta unitamente
alla retribuzione relativa al mese che precede la data di inizio
del congedo. Le medesime disposizioni si applicano anche alle domande
di anticipazioni per indennità equipollenti al trattamento
di fine rapporto, comunque denominate, spettanti a lavoratori dipendenti
di datori di lavoro pubblici e privati.
2. Gli statuti delle forme pensionistiche complementari di cui al
decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni,
possono prevedere la possibilità di conseguire, ai sensi
dell'articolo 7, comma 4, del citato decreto legislativo n. 124
del 1993, un'anticipazione delle prestazioni per le spese da sostenere
durante i periodi di fruizione dei congedi di cui agli articoli
5 e 6 della presente legge.
3. Con decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto
con i Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica,
del lavoro e della previdenza sociale e per la solidarietà
sociale, sono definite le modalità applicative delle disposizioni
del comma 1 in riferimento ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni.
Art. 8.
(Prolungamento dell'età pensionabile).
1. I soggetti che usufruiscono dei congedi previsti
dall'articolo 5, comma 1, possono, a richiesta, prolungare il rapporto
di lavoro di un periodo corrispondente, anche in deroga alle disposizioni
concernenti l'età di pensionamento obbligatoria. La richiesta
deve essere comunicata al datore di lavoro con un preavviso non
inferiore a sei mesi rispetto alla data prevista per il pensionamento.
Capo III
FLESSIBILITÀ DI ORARIO
Art. 9.
(Misure a sostegno della flessibilità di orario).
1. Al fine di promuovere e incentivare forme
di articolazione della prestazione lavorativa volte a conciliare
tempo di vita e di lavoro, nell'ambito del Fondo per l'occupazione
di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993,
n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993,
n. 236, è destinata una quota fino a lire 40 miliardi annue
a decorrere dall'anno 2000, al fine di erogare contributi, di cui
almeno il 50 per cento destinato ad imprese fino a cinquanta dipendenti,
in favore di aziende che applichino accordi contrattuali che prevedono
azioni positive per la flessibilità, ed in particolare:
a) progetti articolati per consentire alla lavoratrice madre o al
lavoratore padre, anche quando uno dei due sia lavoratore autonomo,
ovvero quando abbiano in affidamento o in adozione un minore, di
usufruire di particolari forme di flessibilità degli orari
e dell'organizzazione del lavoro, tra cui part time reversibile,
telelavoro e lavoro a domicilio, orario flessibile in entrata o
in uscita, banca delle ore, flessibilità sui turni, orario
concentrato, con priorità per i genitori che abbiano bambini
fino ad otto anni di età o fino a dodici anni, in caso di
affidamento o di adozione;
b) programmi di formazione per il reinserimento dei lavoratori dopo
il periodo di congedo;
c) progetti che consentano la sostituzione del titolare di impresa
o del lavoratore autonomo, che benefici del periodo di astensione
obbligatoria o dei congedi parentali, con altro imprenditore o lavoratore
autonomo.
2. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale,
di concerto con i Ministri per la solidarietà sociale e per
le pari opportunità, sono definiti i criteri e le modalità
per la concessione dei contributi di cui al comma 1.
Capo IV
ULTERIORI DISPOSIZIONI A SOSTEGNO DELLA MATERNITÀ E DELLA
PATERNITÀ
Art. 10.
(Sostituzione di lavoratori in astensione).
1. L'assunzione di lavoratori a tempo determinato
in sostituzione di lavoratori in astensione obbligatoria o facoltativa
dal lavoro ai sensi della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, come
modificata dalla presente legge, può avvenire anche con anticipo
fino ad un mese rispetto al periodo di inizio dell'astensione, salvo
periodi superiori previsti dalla contrattazione collettiva.
2. Nelle aziende con meno di venti dipendenti, per i contributi
a carico del datore di lavoro che assume lavoratori con contratto
a tempo determinato in sostituzione di lavoratori in astensione
ai sensi degli articoli 4, 5 e 7 della legge 30 dicembre 1971, n.
1204, come modificati dalla presente legge, è concesso uno
sgravio contributivo del 50 per cento. Le disposizioni del presente
comma trovano applicazione fino al compimento di un anno di età
del figlio della lavoratrice o del lavoratore in astensione e per
un anno dall'accoglienza del minore adottato o in affidamento.
3. Nelle aziende in cui operano lavoratrici autonome di cui alla
legge 29 dicembre 1987, n. 546, è possibile procedere, in
caso di maternità delle suddette lavoratrici, e comunque
entro il primo anno di età del bambino o nel primo anno di
accoglienza del minore adottato o in affidamento, all'assunzione
di un lavoratore a tempo determinato, per un periodo massimo di
dodici mesi, con le medesime agevolazioni di cui al comma 2.
Art. 11.
(Parti prematuri).
1. All'articolo 4 della legge 30 dicembre 1971,
n. 1204, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
"Qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella
presunta, i giorni non goduti di astensione obbligatoria prima del
parto vengono aggiunti al periodo di astensione obbligatoria dopo
il parto.
La lavoratrice è tenuta a presentare, entro trenta giorni,
il certificato attestante la data del parto".
Art. 12.
(Flessibilità dell'astensione obbligatoria).
1. Dopo l'articolo 4 della legge 30 dicembre
1971, n. 1204, è inserito il seguente:
"Art. 4-bis. - 1. Ferma restando la durata complessiva dell'astensione
dal lavoro, le lavoratrici hanno la facoltà di astenersi
dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto
e nei quattro mesi successivi al parto, a condizione che il medico
specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato
e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della
salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi
pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro".
2. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto
con i Ministri della sanità e per la solidarietà sociale,
sentite le parti sociali, definisce, con proprio decreto da emanare
entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge,
l'elenco dei lavori ai quali non si applicano le disposizioni dell'articolo
4-bis della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, introdotto dal comma
1 del presente articolo.
3. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto
con i Ministri della sanità e per la solidarietà sociale,
provvede, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge, ad aggiornare l'elenco dei lavori pericolosi, faticosi ed
insalubri di cui all'articolo 5 del decreto del Presidente della
Repubblica 25 novembre 1976, n. 1026.
Art. 13.
(Astensione dal lavoro del padre lavoratore).
1. Dopo l'articolo 6 della legge 9 dicembre
1977, n. 903, sono inseriti i seguenti:
"Art. 6-bis. - 1. Il padre lavoratore ha diritto di astenersi
dal lavoro nei primi tre mesi dalla nascita del figlio, in caso
di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono,
nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.
2. Il padre lavoratore che intenda avvalersi del diritto di cui
al comma 1 presenta al datore di lavoro la certificazione relativa
alle condizioni ivi previste. In caso di abbandono, il padre lavoratore
ne rende dichiarazione ai sensi dell'articolo 4 della legge 4 gennaio
1968, n. 15.
3. Si applicano al padre lavoratore le disposizioni di cui agli
articoli 6 e 15, commi 1 e 5, della legge 30 dicembre 1971, n. 1204,
e successive modificazioni.
4. Al padre lavoratore si applicano altresí le disposizioni
di cui all'articolo 2 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, e successive
modificazioni, per il periodo di astensione dal lavoro di cui al
comma 1 del presente articolo e fino al compimento di un anno di
età del bambino.
Art. 6-ter. - 1. I periodi di riposo di cui all'articolo 10 della
legge 30 dicembre 1971, n. 1204, e successive modificazioni, e i
relativi trattamenti economici sono riconosciuti al padre lavoratore:
a) nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre;
b) in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne
avvalga;
c) nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente".
Art. 14.
(Estensione di norme a specifiche categorie di lavoratrici madri).
1. I benefici previsti dal primo periodo del
comma 1 dell'articolo 13 della legge 7 agosto 1990, n. 232, sono
estesi, dalla data di entrata in vigore della presente legge, anche
alle lavoratrici madri appartenenti ai corpi di polizia municipale.
Art. 15.
(Testo unico).
1. Al fine di conferire organicità e
sistematicità alle norme in materia di tutela e sostegno
della maternità e della paternità, entro dodici mesi
dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo
è delegato ad emanare un decreto legislativo recante il testo
unico delle disposizioni legislative vigenti in materia, nel rispetto
dei seguenti princípi e criteri direttivi:
a) puntuale individuazione del testo vigente delle norme;
b) esplicita indicazione delle norme abrogate, anche implicitamente,
da successive disposizioni;
c) coordinamento formale del testo delle disposizioni vigenti, apportando,
nei limiti di detto coordinamento, le modifiche necessarie per garantire
la coerenza logica e sistematica della normativa, anche al fine
di adeguare e semplificare il linguaggio normativo;
d) esplicita indicazione delle disposizioni, non inserite nel testo
unico, che restano comunque in vigore;
e) esplicita abrogazione di tutte le rimanenti disposizioni, non
richiamate, con espressa indicazione delle stesse in apposito allegato
al testo unico;
f) esplicita abrogazione delle norme secondarie incompatibili con
le disposizioni legislative raccolte nel testo unico.
2. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 1 è
deliberato dal Consiglio dei ministri ed è trasmesso, con
apposita relazione cui è allegato il parere del Consiglio
di Stato, alle competenti Commissioni parlamentari permanenti, che
esprimono il parere entro quarantacinque giorni dall'assegnazione.
3. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo
di cui al comma 1 possono essere emanate, nel rispetto dei princípi
e criteri direttivi di cui al medesimo comma 1 e con le modalità
di cui al comma 2, disposizioni correttive del testo unico.
Art. 16.
(Statistiche ufficiali sui tempi di vita).
1. L'Istituto nazionale di statistica (ISTAT)
assicura un flusso informativo quinquennale sull'organizzazione
dei tempi di vita della popolazione attraverso la rilevazione sull'uso
del tempo, disaggregando le informazioni per sesso e per età.
Art. 17.
(Disposizioni diverse).
1. Nei casi di astensione dal lavoro disciplinati
dalla presente legge, la lavoratrice e il lavoratore hanno diritto
alla conservazione del posto di lavoro e, salvo che espressamente
vi rinuncino, al rientro nella stessa unità produttiva ove
erano occupati al momento della richiesta di astensione o di congedo
o in altra ubicata nel medesimo comune; hanno altresí diritto
di essere adibiti alle mansioni da ultimo svolte o a mansioni equivalenti.
2. All'articolo 2 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, è
aggiunto, in fine, il seguente comma:
"Al termine del periodo di interdizione dal lavoro previsto
dall'articolo 4 della presente legge le lavoratrici hanno diritto,
salvo che espressamente vi rinuncino, di rientrare nella stessa
unità produttiva ove erano occupate all'inizio del periodo
di gestazione o in altra ubicata nel medesimo comune, e di permanervi
fino al compimento di un anno di età del bambino; hanno altresí
diritto di essere adibite alle mansioni da ultimo svolte o a mansioni
equivalenti".
3. I contratti collettivi di lavoro possono prevedere condizioni
di maggior favore rispetto a quelle previste dalla presente legge.
4. Sono abrogate le disposizioni legislative incompatibili con la
presente legge ed in particolare l'articolo 7 della legge 9 dicembre
1977, n. 903.
Art. 18.
(Disposizioni in materia di recesso).
1. Il licenziamento causato dalla domanda o
dalla fruizione del congedo di cui agli articoli 3, 4, 5, 6 e 13
della presente legge è nullo.
2. La richiesta di dimissioni presentata dalla lavoratrice o dal
lavoratore durante il primo anno di vita del bambino o nel primo
anno di accoglienza del minore adottato o in affidamento deve essere
convalidata dal Servizio ispezione della direzione provinciale del
lavoro.
Capo V
MODIFICHE ALLA LEGGE 5 FEBBRAIO 1992, N. 104
Art. 19.
(Permessi per l'assistenza a portatori di handicap).
1. All'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992,
n. 104, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 3, dopo le parole: "permesso mensile" sono
inserite le seguenti: "coperti da contribuzione figurativa";
b) al comma 5, le parole: ", con lui convivente," sono
soppresse;
c) al comma 6, dopo le parole: "può usufruire"
è inserita la seguente: "alternativamente".
Art. 20.
(Estensione delle agevolazioni per l'assistenza a portatori di handicap).
1. Le disposizioni dell'articolo 33 della legge
5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dall'articolo 19 della
presente legge, si applicano anche qualora l'altro genitore non
ne abbia diritto nonché ai genitori ed ai familiari lavoratori,
con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assistono con continuità
e in via esclusiva un parente o un affine entro il terzo grado portatore
di handicap, ancorché non convivente.
Capo VI
NORME FINANZIARIE
Art. 21.
(Copertura finanziaria).
1. All'onere derivante dall'attuazione delle
disposizioni degli articoli da 3 a 20, esclusi gli articoli 6 e
9, della presente legge, valutato in lire 298 miliardi annue a decorrere
dall'anno 2000, si provvede, quanto a lire 273 miliardi annue a
decorrere dall'anno 2000, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione
di spesa di cui all'articolo 3 del decreto-legge 20 gennaio 1998,
n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 marzo 1998,
n. 52, concernente il Fondo per l'occupazione; quanto a lire 25
miliardi annue a decorrere dall'anno 2000, mediante corrispondente
riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1 della
legge 28 agosto 1997, n. 285.
2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica
è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti
variazioni di bilancio.
Capo VII
TEMPI DELLE CITTÀ
Art. 22.
(Compiti delle regioni).
1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore
della presente legge le regioni definiscono, con proprie leggi,
ai sensi dell'articolo 36, comma 3, della legge 8 giugno 1990, n.
142, e successive modificazioni, qualora non vi abbiano già
provveduto, norme per il coordinamento da parte dei comuni degli
orari degli esercizi commerciali, dei servizi pubblici e degli uffici
periferici delle amministrazioni pubbliche, nonché per la
promozione dell'uso del tempo per fini di solidarietà sociale,
secondo i principi del presente capo.
2. Le regioni prevedono incentivi finanziari per i comuni, anche
attraverso l'utilizzo delle risorse del Fondo di cui all'articolo
28, ai fini della predisposizione e dell'attuazione dei piani territoriali
degli orari di cui all'articolo 24 e della costituzione delle banche
dei tempi di cui all'articolo 27.
3. Le regioni possono istituire comitati tecnici, composti da esperti
in materia di progettazione urbana, di analisi sociale, di comunicazione
sociale e di gestione organizzativa, con compiti consultivi in ordine
al coordinamento degli orari delle città e per la valutazione
degli effetti sulle comunità locali dei piani territoriali
degli orari.
4. Nell'ambito delle proprie competenze in materia di formazione
professionale, le regioni promuovono corsi di qualificazione e riqualificazione
del personale impiegato nella progettazione dei piani territoriali
degli orari e nei progetti di riorganizzazione dei servizi.
5. Le leggi regionali di cui al comma 1 indicano:
a) criteri generali di amministrazione e coordinamento degli orari
di apertura al pubblico dei servizi pubblici e privati, degli uffici
della pubblica amministrazione, dei pubblici esercizi commerciali
e turistici, delle attività culturali e dello spettacolo,
dei trasporti;
b) i criteri per l'adozione dei piani territoriali degli orari;
c) criteri e modalità per la concessione ai comuni di finanziamenti
per l'adozione dei piani territoriali degli orari e per la costituzione
di banche dei tempi, con priorità per le iniziative congiunte
dei comuni con popolazione non superiore a 30.000 abitanti.
6. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento
e di Bolzano provvedono secondo le rispettive competenze.
Art. 23.
(Compiti dei comuni).
1. I comuni con popolazione superiore a 30.000
abitanti attuano, singolarmente o in forma associata, le disposizioni
dell'articolo 36, comma 3, della legge 8 giugno 1990, n. 142, e
successive modificazioni, secondo le modalità stabilite dal
presente capo, nei tempi indicati dalle leggi regionali di cui all'articolo
22, comma 1, e comunque non oltre un anno dalla data di entrata
in vigore della presente legge.
2. In caso di inadempimento dell'obbligo di cui al comma 1, il presidente
della giunta regionale nomina un commissario ad acta.
3. I comuni con popolazione non superiore a 30.000 abitanti possono
attuare le disposizioni del presente capo in forma associata.
Art. 24.
(Piano territoriale degli orari).
1. Il piano territoriale degli orari, di seguito
denominato "piano", realizza le finalità di cui
all'articolo 1, comma 1, lettera c), ed è strumento unitario
per finalità ed indirizzi, articolato in progetti, anche
sperimentali, relativi al funzionamento dei diversi sistemi orari
dei servizi urbani e alla loro graduale armonizzazione e coordinamento.
2. I comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti sono tenuti
ad individuare un responsabile cui è assegnata la competenza
in materia di tempi ed orari e che partecipa alla conferenza dei
dirigenti, ai sensi della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive
modificazioni.
3. I comuni con popolazione non superiore a 30.000 abitanti possono
istituire l'ufficio di cui al comma 2 in forma associata.
4. Il sindaco elabora le linee guida del piano. A tale fine attua
forme di consultazione con le amministrazioni pubbliche, le parti
sociali, nonché le associazioni previste dall'articolo 6
della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, e
le associazioni delle famiglie.
5. Nell'elaborazione del piano si tiene conto degli effetti sul
traffico, sull'inquinamento e sulla qualità della vita cittadina
degli orari di lavoro pubblici e privati, degli orari di apertura
al pubblico dei servizi pubblici e privati, degli uffici periferici
delle amministrazioni pubbliche, delle attività commerciali,
ferme restando le disposizioni degli articoli da 11 a 13 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 114, nonché delle istituzioni
formative, culturali e del tempo libero.
6. Il piano è approvato dal consiglio comunale su proposta
del sindaco ed è vincolante per l'amministrazione comunale,
che deve adeguare l'azione dei singoli assessorati alle scelte in
esso contenute. Il piano è attuato con ordinanze del sindaco.
Art. 25.
(Tavolo di concertazione).
1. Per l'attuazione e la verifica dei progetti
contenuti nel piano di cui all'articolo 24, il sindaco istituisce
un tavolo di concertazione, cui partecipano:
a) il sindaco stesso o, per suo incarico, il responsabile di cui
all'articolo 24, comma 2;
b) il prefetto o un suo rappresentante;
c) il presidente della provincia o un suo rappresentante;
d) i presidenti delle comunità montane o loro rappresentanti;
e) un dirigente per ciascuna delle pubbliche amministrazioni non
statali coinvolte nel piano;
f) rappresentanti sindacali degli imprenditori della grande, media
e piccola impresa, del commercio, dei servizi, dell'artigianato
e dell'agricoltura;
g) rappresentanti sindacali dei lavoratori;
h) il provveditore agli studi ed i rappresentanti delle università
presenti nel territorio;
i) i presidenti delle aziende dei trasporti urbani ed extraurbani,
nonché i rappresentanti delle aziende ferroviarie.
2. Per l'attuazione del piano di cui all'articolo 24, il sindaco
promuove accordi con i soggetti pubblici e privati di cui al comma
1.
3. In caso di emergenze o di straordinarie necessità dell'utenza
o di gravi problemi connessi al traffico e all'inquinamento, il
sindaco può emettere ordinanze che prevedano modificazioni
degli orari.
4. Le amministrazioni pubbliche, anche territoriali, sono tenute
ad adeguare gli orari di funzionamento degli uffici alle ordinanze
di cui al comma 3.
5. I comuni capoluogo di provincia sono tenuti a concertare con
i comuni limitrofi, attraverso la conferenza dei sindaci, la riorganizzazione
territoriale degli orari. Alla conferenza partecipa un rappresentante
del presidente della provincia.
Art. 26.
(Orari della pubblica amministrazione).
1. Le articolazioni e le scansioni degli orari
di apertura al pubblico dei servizi della pubblica amministrazione
devono tenere conto delle esigenze dei cittadini che risiedono,
lavorano ed utilizzano il territorio di riferimento.
2. Il piano di cui all'articolo 24, ai sensi del decreto legislativo
3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, può prevedere
modalità ed articolazioni differenziate degli orari di apertura
al pubblico dei servizi della pubblica amministrazione.
3. Le pubbliche amministrazioni, attraverso l'informatizzazione
dei relativi servizi, possono garantire prestazioni di informazione
anche durante gli orari di chiusura dei servizi medesimi e, attraverso
la semplificazione delle procedure, possono consentire agli utenti
tempi di attesa più brevi e percorsi più semplici
per l'accesso ai servizi.
Art. 27.
(Banche dei tempi).
1. Per favorire lo scambio di servizi di vicinato,
per facilitare l'utilizzo dei servizi della città e il rapporto
con le pubbliche amministrazioni, per favorire l'estensione della
solidarietà nelle comunità locali e per incentivare
le iniziative di singoli e gruppi di cittadini, associazioni, organizzazioni
ed enti che intendano scambiare parte del proprio tempo per impieghi
di reciproca solidarietà e interesse, gli enti locali possono
sostenere e promuovere la costituzione di associazioni denominate
"banche dei tempi".
2. Gli enti locali, per favorire e sostenere le banche dei tempi,
possono disporre a loro favore l'utilizzo di locali e di servizi
e organizzare attività di promozione, formazione e informazione.
Possono altresí aderire alle banche dei tempi e stipulare
con esse accordi che prevedano scambi di tempo da destinare a prestazioni
di mutuo aiuto a favore di singoli cittadini o della comunità
locale. Tali prestazioni devono essere compatibili con gli scopi
statutari delle banche dei tempi e non devono costituire modalità
di esercizio delle attività istituzionali degli enti locali.
Art. 28.
(Fondo per l'armonizzazione dei tempi delle città).
1. Nell'elaborare le linee guida del piano di
cui all'articolo 24, il sindaco prevede misure per l'armonizzazione
degli orari che contribuiscano, in linea con le politiche e le misure
nazionali, alla riduzione delle emissioni di gas inquinanti nel
settore dei trasporti. Dopo l'approvazione da parte del consiglio
comunale, i piani sono comunicati alle regioni, che li trasmettono
al Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE)
indicandone, ai soli fini del presente articolo, l'ordine di priorità.
2. Per le finalità del presente articolo è istituito
un Fondo per l'armonizzazione dei tempi delle città, nel
limite massimo di lire 15 miliardi annue a decorrere dall'anno 2001.
Alla ripartizione delle predette risorse provvede il CIPE, sentita
la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281.
3. Le regioni iscrivono le somme loro attribuite in un apposito
capitolo di bilancio, nel quale confluiscono altresí eventuali
risorse proprie, da utilizzare per spese destinate ad agevolare
l'attuazione dei progetti inclusi nel piano di cui all'articolo
24 e degli interventi di cui all'articolo 27.
4. I contributi di cui al comma 3 sono concessi prioritariamente
per:
a) associazioni di comuni;
b) progetti presentati da comuni che abbiano attivato forme di coordinamento
e cooperazione con altri enti locali per l'attuazione di specifici
piani di armonizzazione degli orari dei servizi con vasti bacini
di utenza;
c) interventi attuativi degli accordi di cui all'articolo 25, comma
2.
5. La Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281, è convocata ogni anno, entro il mese
di febbraio, per l'esame dei risultati conseguiti attraverso l'impiego
delle risorse del Fondo di cui al comma 2 e per la definizione delle
linee di intervento futuro. Alle relative riunioni sono invitati
i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, per la solidarietà
sociale, per la funzione pubblica, dei trasporti e della navigazione
e dell'ambiente, il presidente della società Ferrovie dello
Stato spa, nonché i rappresentanti delle associazioni ambientaliste
e del volontariato, delle organizzazioni sindacali e di categoria.
6. Il Governo, entro il mese di luglio di ogni anno e sulla base
dei lavori della Conferenza di cui al comma 5, presenta al Parlamento
una relazione sui progetti di riorganizzazione dei tempi e degli
orari delle città.
7. All'onere derivante dall'istituzione del
Fondo di cui al comma 2 si provvede mediante utilizzazione delle
risorse di cui all'articolo 8, comma 10, lettera f), della legge
23 dicembre 1998, n. 448.
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