Legge 30 dicembre 1971, n. 1204
TUTELA DELLE LAVORATRICI MADRI
Integrata con le modifiche apportate dalla Legge 8 marzo 2000, n.
53 ("Disposizioni per il sostegno della maternità e
della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione
e per il coordinamento dei tempi delle città")
TITOLO I - Norme protettive
ARTICOLO 1.
Le
disposizioni del presente titolo si applicano alle lavoratrici,
comprese le apprendiste, che prestano la loro opera alle dipendenze
di privati datori di lavoro, nonché alle dipendenti dalle
amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, dalle
regioni, dalle province, dai comuni, dagli altri enti pubblici e
dalle società cooperative, anche se socie di queste ultime.
Alle lavoratrici a domicilio si applicano le norme del presente
titolo di cui agli articoli 2, 4, 6 e 9.
Alle lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari si applicano
le norme del presente titolo di cui agli articoli 4, 5, 6, 8 e 9.
Sono fatte salve, in ogni caso, le condizioni di maggior favore
stabilite da leggi, regolamenti, contratti, e da ogni altra disposizione.
Il diritto di astenersi dal lavoro di cui all'articolo 7, ed il
relativo trattamento economico, sono riconosciuti anche se l'altro
genitore non ne ha diritto. Le disposizioni di cui al comma 2 dell'articolo
7 e al comma 2 dell'articolo 15 sono estese alle lavoratrici di
cui alla legge 29 dicembre 1987, n. 546, madri di bambini nati a
decorrere dal 1º gennaio 2000. Alle predette lavoratrici i
diritti previsti dal comma 1 dell'articolo 7 e dal comma 2 dell'articolo
15 spettano limitatamente ad un periodo di tre mesi, entro il primo
anno di vita del bambino.
ARTICOLO 2.
Le lavoratrici non possono essere licenziate dall'inizio del periodo
di gestazione fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro
previsto dall'articolo 4 della presente legge, nonché fino
al compimento di un anno di età del bambino.
Il divieto di licenziamento opera in connessione con lo stato oggettivo
di gravidanza e puerperio, e la lavoratrice, licenziata nel corso
del periodo in cui opera il divieto, ha diritto di ottenere il ripristino
del rapporto di lavoro mediante presentazione, entro novanta giorni
dal licenziamento, di idonea certificazione dalla quale risulti l'esistenza,
all'epoca del licenziamento, delle condizioni che lo vietavano.
Il divieto di licenziamento non si applica nel caso:
a) di colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa
per la risoluzione del rapporto di lavoro;
b) di cessazione dell'attività dell'azienda cui essa è
addetta;
c) di ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è
stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza
del termine.
Le lavoratrici addette ad industrie e lavorazioni che diano luogo
a disoccupazione stagionale, di cui alla tabella annessa al decreto
ministeriale 30 novembre 1964 (2), e successive modificazioni, le
quali siano licenziate a norma della lettera b) del terzo comma del
presente articolo, hanno diritto, per tutto il periodo in cui opera
il divieto di licenziamento, alla ripresa dell'attività lavorativa
stagionale e, sempreché non si trovino in periodo di astensione
obbligatoria dal lavoro, alla precedenza nelle riassunzioni.
Durante il periodo nel quale opera il divieto di licenziamento, la
lavoratrice non può essere sospesa dal lavoro, salvo il caso
che sia sospesa l'attività dell'azienda o del reparto cui essa
è addetta, sempreché il reparto stesso abbia autonomia
funzionale.
Al termine del periodo di interdizione dal lavoro previsto dall'articolo
4 della presente legge le lavoratrici hanno diritto, salvo che espressamente
vi rinuncino, di rientrare nella stessa unità produttiva ove
erano occupate all'inizio del periodo di gestazione o in altra ubicata
nel medesimo comune, e di permanervi fino al compimento di un anno
di età del bambino; hanno altresí diritto di essere
adibite alle mansioni da ultimo svolte o a mansioni equivalenti.
ARTICOLO 3.
È vietato adibire al trasporto e al sollevamento di pesi, nonché
ai lavori pericolosi, faticosi ed insalubri le lavoratrici durante
il periodo di gestazione e fino a sette mesi dopo il parto. In attesa
della pubblicazione del regolamento di esecuzione della presente legge,
i lavori pericolosi, faticosi ed insalubri restano determinati dalla
tabella annessa al decreto del Presidente della Repubblica 21 maggio
1953, n. 568.
Le lavoratrici saranno addette ad altre mansioni per il periodo per
il quale è previsto il divieto di cui al comma precedente.
Le lavoratrici saranno, altresì, spostate ad altre mansioni
durante la gestazione e fino a sette mesi dopo il parto nei casi in
cui l'ispettorato del lavoro accerti che le condizioni di lavoro o
ambientali sono pregiudizievoli alla salute della donna.
Le lavoratrici che vengano adibite a mansioni inferiori a quelle abituali
conservano la retribuzione corrispondente alle mansioni precedentemente
svolte, nonché la qualifica originale. Si applicano le norme
di cui all'articolo 13 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (4), qualora
le lavoratrici vengano adibite a mansioni equivalenti o superiori.
ARTICOLO 4.
È vietato adibire al lavoro le donne:
a) durante i due mesi precedenti la data presunta del parto;
b) ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente
tra la data presunta e la data effettiva del parto;
c) durante i tre mesi dopo il parto.
L'astensione obbligatoria dal lavoro è anticipata a tre mesi
dalla data presunta del parto quando le lavoratrici sono occupate
in lavori che, in relazione all'avanzato stato di gravidanza, siano
da ritenersi gravosi o pregiudizievoli.
Tali lavori sono determinati con propri decreti dal Ministro per il
lavoro e la previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali.
Qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta,
i giorni non goduti di astensione obbligatoria prima del parto vengono
aggiunti al periodo di astensione obbligatoria dopo il parto. La lavoratrice
é tenuta a presentare, entro trenta giorni, il certificato
attestante la data del parto.
ARTICOLO 4bis
1. Ferma restando la durata complessiva dell'astensione dal lavoro,
le lavoratrici hanno la facoltà di astenersi dal lavoro a partire
dal mese precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi
successivi al parto, a condizione che il medico specialista del Servizio
sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente
ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro
attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della
gestante e del nascituro.
ARTICOLO 5.
L'ispettorato del lavoro può disporre, sulla base di accertamento
medico, l'interdizione dal lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza,
fino al periodo di astensione di cui alla lettera a) del precedente
articolo, per uno o più periodi, la cui durata sarà
determinata dall'ispettorato stesso, per i seguenti motivi:
a) nel caso di gravi complicanze della gestazione o di preesistenti
forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato
di gravidanza;
b) quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli
alla salute della donna e del bambino;
c) quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni,
secondo il disposto del precedente articolo 3.
ARTICOLO 6.
I periodi di astensione obbligatoria dal lavoro ai sensi degli articoli
4 e 5 della presente legge devono essere computati nell'anzianità
di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima
mensilità o alla gratifica natalizia e alle ferie.
ARTICOLO 7.
1 (*). Nei primi otto anni di vita del bambino ciascun genitore ha
diritto di astenersi dal lavoro secondo le modalità stabilite
dal presente articolo. Le astensioni dal lavoro dei genitori non possono
complessivamente eccedere il limite di dieci mesi, fatto salvo il
disposto del comma 2 del presente articolo. Nell'ambito del predetto
limite, il diritto di astenersi dal lavoro compete:
a) alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di astensione obbligatoria
di cui all'articolo 4, primo comma, lettera c), della presente legge,
per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi;
b) al padre lavoratore, per un periodo continuativo o frazionato non
superiore a sei mesi;
c) qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o
frazionato non superiore a dieci mesi.
2. Qualora il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi dal
lavoro per un periodo non inferiore a tre mesi, il limite di cui alla
lettera b) del comma 1 é elevato a sette mesi e il limite complessivo
delle astensioni dal lavoro dei genitori di cui al medesimo comma
é conseguentemente elevato a undici mesi.
3. Ai fini dell'esercizio del diritto di cui al comma 1, il genitore
é tenuto, salvo casi di oggettiva impossibilità, a preavvisare
il datore di lavoro secondo le modalità e i criteri definiti
dai contratti collettivi, e comunque con un periodo di preavviso non
inferiore a quindici giorni.
4. Entrambi i genitori, alternativamente, hanno diritto, altresí,
di astenersi dal lavoro durante le malattie del bambino di età
inferiore a otto anni ovvero di età compresa fra tre e otto
anni, in quest'ultimo caso nel limite di cinque giorni lavorativi
all'anno per ciascun genitore, dietro presentazione di certificato
rilasciato da un medico specialista del Servizio sanitario nazionale
o con esso convenzionato. La malattia del bambino che dia luogo a
ricovero ospedaliero interrompe il decorso del periodo di ferie in
godimento da parte del genitore.
5. I periodi di astensione dal lavoro di cui ai commi 1 e 4 sono computati
nell'anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle
ferie e alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia.
Ai fini della fruizione del congedo di cui al comma 4, la lavoratrice
ed il lavoratore sono tenuti a presentare una dichiarazione rilasciata
ai sensi dell'articolo 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, attestante
che l'altro genitore non sia in astensione dal lavoro negli stessi
giorni per il medesimo motivo.
(*) Riguardo al comma 1 di tale articolo, l'art. 7 della L. 53/2000,
al primo comma, chiarisce che:
"!. Oltre che nelle ipotesi di cui all'articolo 2120, ottavo
comma, del codice civile, il trattamento di fine rapporto puó
essere anticipato ai fini delle spese da sostenere durante i periodi
di fruizione dei congedi di cui all'articolo 7, comma 1, della legge
30 dicembre 1971, n. 1204 (omissis) L'anticipazione è corrisposta
unitamente alla retribuzione relativa al mese che precede la data
di inizio del congedo. Le medesime disposizioni si applicano anche
alle domande di anticipazioni per indennità equipollenti al
trattamento di fine rapporto, comunque denominate, spettanti a lavoratori
dipendenti di datori di lavoro pubblici e privati."
ARTICOLO 8.
Le ferie e le assenze eventualmente spettanti alla lavoratrice ad
altro titolo non possono essere godute contemporaneamente ai periodi
di astensione obbligatoria dal lavoro di cui agli articoli 4 e 5,
nonché a quelli di assenza facoltativa di cui all'articolo
7 della presente legge.
ARTICOLO 9.
Alle lavoratrici spetta l'assistenza di parto da parte dell'istituto
presso il quale sono assicurate per il trattamento di malattia, anche
quando sia stato interrotto il rapporto di lavoro, purché la
gravidanza abbia avuto inizio quando tale rapporto era ancora sussistente.
Alle lavoratrici spetta, altresì, l'assistenza ospedaliera
anche nei casi di parto normale nelle forme e con le modalità
previste dalle norme vigenti.
Le lavoratrici gestanti possono sottoporsi a visite sanitarie periodiche
gratuite a cura dell'istituto presso il quale sono assicurate.
Le norme di cui al presente articolo si applicano anche alle familiari
dei lavoratori aventi diritto all'assistenza sanitaria.
ARTICOLO 10.
Il datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, durante
il primo anno di vita del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili
durante la giornata. Il riposo è uno solo quando l'orario giornaliero
di lavoro è inferiore a sei ore.
I periodi di riposo di cui al precedente comma hanno la durata di
un'ora ciascuno e sono considerati ore lavorative agli effetti della
durata e della retribuzione del lavoro. Essi comportano il diritto
della donna ad uscire dall'azienda.
I periodi di riposo sono di mezz'ora ciascuno, e in tal caso non comportano
il diritto ad uscire dall'azienda, quando la lavoratrice voglia usufruire
della camera di allattamento o dell'asilo nido, istituiti dal datore
di lavoro nelle dipendenze dei locali di lavoro.
I riposi di cui ai precedenti commi sono indipendenti da quelli previsti
dagli articoli 18 e 19 della legge 26 aprile 1934, n. 653, sulla tutela
del lavoro delle donne.
Ai periodi di riposo di cui al presente articolo si applicano le disposizioni
in materia di contribuzione figurativa, nonché di riscatto
ovvero di versamento dei relativi contributi previsti dal comma 2,
lettera b), dell'articolo 15.
In caso di parto plurimo, i periodi di riposo sono raddoppiati e le
ore aggiuntive rispetto a quelle previste dal primo comma del presente
articolo possono essere utilizzate anche dal padre.
ARTICOLO 11.
In sostituzione delle lavoratrici assenti dal lavoro, in virtù
delle disposizioni della presente legge, il datore di lavoro può
assumere personale con contratto a tempo determinato in conformità
al disposto dell'articolo 1, lettera b), della legge 18 aprile 1962,
n. 230, sulla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato
e con l'osservanza delle norme della legge stessa.
ARTICOLO 12.
In caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per
cui è previsto, a norma del precedente articolo 2, il divieto
di licenziamento, la lavoratrice ha diritto alle indennità
previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento.
TITOLO II - Trattamento economico
ARTICOLO 13.
Le disposizioni del presente titolo si applicano alle lavoratrici
di cui all'articolo 1, comprese le lavoratrici a domicilio e le addette
ai servizi domestici e familiari, salvo quanto previsto dal successivo
comma.
Alle dipendenti dalle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento
autonomo, dalle regioni, dalle province, dai comuni e dagli altri
enti pubblici si applica il trattamento economico previsto dai relativi
ordinamenti salve le disposizioni di maggior favore risultanti dalla
presente legge.
ARTICOLO 14.
A decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello di entrata
in vigore della presente legge, al fine di consentire nel periodo
immediatamente precedente e seguente il parto, l'astensione delle
lavoratrici mezzadre e colone dal lavoro dei campi e la buona coltivazione
del fondo, il mezzadro e il concedente, nei casi di provata necessità,
sono tenuti a concordare l'assunzione di una unità lavorativa,
la cui spesa sarà ripartita a meta tra mezzadro e concedente.
A partire dalla stessa data, alle lavoratrici mezzadre e colone spetta,
per tutto il periodo di astensione obbligatoria precedente e successivo
al parto previsto per le salariate e braccianti agricole, una indennità
giornaliera, che verrà erogata dall'INAM in misura pari all'80
per cento del reddito medio giornaliero colonico. Tale reddito viene
stabilito, in via presuntiva, per ogni due anni, con decreto del Ministro
per il lavoro e la previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali
di categoria; per la prima applicazione della presente legge tale
reddito è fissato in lire 1.300 giornaliere.
Trova applicazione anche nei confronti delle colone e mezzadre la
norma di cui all'articolo 9 della presente legge.
ARTICOLO 15. (*)
1. Le lavoratrici hanno diritto ad un'indennità giornaliera
pari all'80 per cento della retribuzione per tutto il periodo di astensione
obbligatoria dal lavoro stabilita dagli articoli 4 e 5 della presente
legge. Tale indennità è comprensiva di ogni altra indennità
spettante per malattia.
2. Per i periodi di astensione facoltativa di cui all'articolo 7,
comma 1, ai lavoratori e alle lavoratrici é dovuta:
a) fino al terzo anno di vita del bambino, un'indennità pari
al 30 per cento della retribuzione, per un periodo massimo complessivo
tra i genitori di sei mesi; il relativo periodo, entro il limite predetto,
é coperto da contribuzione figurativa;
b) fuori dei casi di cui alla lettera a), fino al compimento dell'ottavo
anno di vita del bambino, e comunque per il restante periodo di astensione
facoltativa, un'indennità pari al 30 per cento della retribuzione,
nell'ipotesi in cui il reddito individuale dell'interessato sia inferiore
a 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione a carico
dell'assicurazione generale obbligatoria; il periodo medesimo é
coperto da contribuzione figurativa, attribuendo come valore retributivo
per tale periodo il 200 per cento del valore massimo dell'assegno
sociale, proporzionato ai periodi di riferimento, salva la facoltà
di integrazione da parte dell'interessato, con riscatto ai sensi dell'articolo
13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, ovvero con versamento dei
relativi contributi secondo i criteri e le modalità della prosecuzione
volontaria.
3. Per i periodi di astensione per malattia del bambino di cui all'articolo
7, comma 4, é dovuta:
a) fino al compimento del terzo anno di vita del bambino, la contribuzione
figurativa;
b) successivamente al terzo anno di vita del bambino e fino al compimento
dell'ottavo anno, la copertura contributiva calcolata con le modalità
previste dal comma 2, lettera b).
4. Il reddito individuale di cui al comma 2, lettera b), è
determinato secondo i criteri previsti in materia di limiti reddituali
per l'integrazione al minimo.
5. Le indennità di cui al presente articolo sono corrisposte
con gli stessi criteri previsti per l'erogazione delle prestazioni
dell'assicurazione obbligatoria contro le malattie dall'ente assicuratore
della malattia presso il quale la lavoratrice o il lavoratore é
assicurato e non sono subordinate a particolari requisiti contributivi
o di anzianità assicurativa.
(*) Riguardo a tale articolo, il comma 5 dell'art. 3 della L. 53/2000
così recita:
"Le disposizioni del presente articolo trovano applicazione anche
nei confronti dei genitori adottivi o affidatari. Qualora, all'atto
dell'adozione o dell'affidamento, il minore abbia un'età compresa
fra sei e dodici anni, il diritto di astenersi dal lavoro, ai sensi
dei commi 1 e 2 del presente articolo, puó essere esercitato
nei primi tre anni dall'ingresso del minore nel nucleo familiare.
Nei confronti delle lavoratrici a domicilio e delle addette ai servizi
domestici e familiari, le disposizioni dell'articolo 15 della legge
30 dicembre 1971, n. 1204 (omissis) si applicano limitatamente al
comma 1."
ARTICOLO 16.
Agli effetti della determinazione della misura delle indennità
previste nell'articolo precedente, per retribuzione s'intende la retribuzione
media globale giornaliera percepita nel periodo di paga quadrisettimanale
o mensile scaduto ed immediatamente precedente a quello nel corso
del quale ha avuto inizio l'astensione obbligatoria dal lavoro per
maternità.
Al suddetto importo va aggiunto, eccezion fatta per l'indennità
di cui al secondo comma dell'articolo precedente, il rateo giornaliero
relativo alla gratifica natalizia o alla tredicesima mensilità
e agli altri premi o mensilità eventualmente erogati alla lavoratrice.
Concorrono a formare la retribuzione gli stessi elementi che vengono
considerati agli effetti della determinazione delle prestazioni dell'assicurazione
obbligatoria contro le malattie.
Nei confronti delle operaie dei settori non agricoli, per retribuzione
media globale giornaliera s'intende:
a) nei casi in cui, o per contratto di lavoro o per la effettuazione
di ore di lavoro straordinario, l'orario medio effettivamente praticato
superi le otto ore giornaliere, l'importo che si ottiene dividendo
l'ammontare complessivo degli emolumenti percepiti nel periodo di
paga preso in considerazione per il numero dei giorni lavorati o comunque
retribuiti;
b) nei casi in cui, o per esigenze organizzative contingenti dell'azienda
o per particolari ragioni di carattere personale della lavoratrice,
l'orario medio effettivamente praticato risulti inferiore a quello
previsto dal contratto di lavoro della categoria, l'importo che si
ottiene dividendo l'ammontare complessivo degli emolumenti percepiti
nel periodo di paga preso in considerazione per il numero delle ore
di lavoro effettuato e moltiplicando il quoziente ottenuto per il
numero delle ore giornaliere di lavoro previste dal contratto stesso.
Nei casi in cui i contratti di lavoro prevedano, nell'ambito di una
settimana, un orario di lavoro identico per i primi cinque giorni
della settimana e un orario ridotto per il sesto giorno, l'orario
giornaliero è quello che si ottiene dividendo per sei il numero
complessivo delle ore settimanali contrattualmente stabilite;
c) in tutti gli altri casi, l'importo che si ottiene dividendo l'ammontare
complessivo degli emolumenti percepiti nel periodo di paga preso in
considerazione per il numero di giorni lavorati, o comunque retribuiti,
risultanti dal periodo stesso.
Nei confronti delle impiegate, per retribuzione media globale giornaliera
si intende l'importo che si ottiene dividendo per trenta l'importo
totale della retribuzione del mese precedente a quello nel corso del
quale ha avuto inizio l'astensione.
ARTICOLO 17.
L'indennità di cui al primo comma dell'art. 15 è corrisposta
anche nei casi di risoluzione del rapporto di lavoro previsti dall'articolo
2, lettera b) e c), che si verifichino durante i periodi di interdizione
dal lavoro previsti dagli articoli 4 e 5 della presente legge.
Le lavoratrici gestanti che si trovino, all'inizio del periodo di
astensione obbligatoria dal lavoro, sospese, assenti dal lavoro senza
retribuzione, ovvero, disoccupate, sono ammesse al godimento dell'indennità
giornaliera di maternità di cui al primo comma dell'articolo
15 purché tra l'inizio della sospensione, dall'assenza o della
disoccupazione e quello di detto periodo non siano decorsi più
di 60 giorni. Ai fini del computo dei predetti 60 giorni, non si tiene
conto delle assenze dovute a malattia o ad infortunio sul lavoro,
accertate e riconosciute dagli enti gestori delle relative assicurazioni
sociali.
Qualora l'astensione obbligatoria dal lavoro abbia inizio trascorsi
sessanta giorni dalla risoluzione del rapporto di lavoro e la lavoratrice
si trovi, all'inizio della astensione obbligatoria, disoccupata e
in godimento dell'indennità di disoccupazione, essa ha diritto
all'indennità giornali era di maternità anziché
all'indennità ordinaria di disoccupazione.
La lavoratrice, che si trova nelle condizioni indicate nel precedente
comma ma che non è in godimento della indennità di disoccupazione
perché nell'ultimo biennio ha effettuato lavorazioni alle dipendenze
di terzi non soggette all'obbligo dell'assicurazione contro la disoccupazione,
ha diritto all'indennità giornaliera di maternità, purché
al momento dell'astensione obbligatoria dal lavoro non siano trascorsi
più di 180 giorni dalla data di risoluzione del rapporto e,
nell'ultimo biennio che precede il suddetto periodo, risultino a suo
favore ai fini dell'assicurazione di malattia 26 contributi settimanali.
La lavoratrice che, nel caso di astensione obbligatoria dal lavoro
iniziata dopo 60 giorni dalla data di sospensione dal lavoro, si trovi,
all'inizio dell'astensione obbligatoria, sospesa e in godimento del
trattamento di integrazione salariale a carico della Cassa integrazione
guadagni, ha diritto, in luogo di tale trattamento, all'indennità
giornaliera di maternità.
ARTICOLO 18.
Durante il periodo di assenza obbligatoria dal lavoro di cui all'articolo
4 della presente legge, spetta alle lavoratrici a domicilio, a carico
dell'INAM, l'indennità giornaliera di cui al precedente articolo
15 in misura pari all'80 per cento del salario medio contrattuale
giornaliero, vigente nella provincia per i lavoratori interni, aventi
qualifica operaia, della stessa industria.
Qualora, per l'assenza nella stessa provincia di industrie similari
che occupano lavoratori interni, non possa farsi riferimento al salario
contrattuale provinciale di cui al comma precedente, si farà
riferimento alla media dei salari contrattuali provinciali vigenti
per la stessa industria nella regione, e, qualora anche ciò
non fosse possibile, si farà riferimento alla media dei salari
provinciali vigenti nella stessa industria nel territorio nazionale.
Per i settori di lavoro, a domicilio per i quali non esistono corrispondenti
industrie che occupano lavoratori interni, con apposito decreto del
Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentite le organizzazioni
sindacali interessate, si prenderà a riferimento il salario
medio contrattuale giornaliero
vigente nella provincia per i lavoratori aventi qualifica operaia
dell'industria che presenta maggiori caratteri di affinità.
La corresponsione dell'indennità di cui al primo comma del
presente articolo è subordinata alla condizione che, all'inizio
della astensione obbligatoria, la lavoratrice riconsegni al committente
tutte le merci e il lavoro avuto in consegna, anche se non ultimato.
ARTICOLO 19.
Per le lavoratrici addette ai servizi domestici familiari, l'indennità
di maternità di cui all'articolo 15 ed il relativo finanziamento
sono regolati secondo le modalità e le norme stabilite dal
decreto delegato emanato ai sensi dell'articolo 35, lettera d), della
legge 30 aprile 1969, n. 153.
Fino al momento in cui entreranno in vigore le norme del decreto delegato
indicato nel comma precedente, continuano ad applicarsi le disposizioni
del titolo III della legge 26 agosto 1950, n. 860, relative alle lavoratrici
domestiche.
ARTICOLO 20.
L'interruzione della gravidanza, spontanea o terapeutica, esclusa
quella procurata, è considerata a tutti gli effetti come malattia,
salvo quanto disposto dall'articolo 12 del D.P.R. 25 maggio 1953,
n. 568.
ARTICOLO 21.
Per la copertura degli oneri derivanti dalle norme di cui ai titoli
primo e secondo della presente legge, di competenza degli enti che
gestiscono l'assicurazione contro le malattie, è dovuto dai
datori di lavoro agli enti predetti un contributo sulle retribuzioni
di tutti i lavoratori dipendenti nelle seguenti misure:
a) dello 0,53 per cento sulla retribuzione per il settore dell'industria;
b) dello 0,31 per cento sulla retribuzione per il settore del commercio;
c) dello 0,20 per cento sulla retribuzione per il settore del credito,
assicurazione e servizi tributari appaltati;
d) di lire 2,43 per ogni giornata di uomo e di lire 1,95 per ogni
giornata di donna o ragazzo per i salariati fissi; di lire 2,95 per
ogni giornata di uomo e di lire 2,32 per ogni giornata di donna o
ragazzo per i giornalieri di campagna e compartecipanti per il settore
dell'agricoltura.
Il contributo è dovuto per ogni giornata di lavoro accertata
ai fini dei contributi unificati in agricoltura di cui al decreto-legge
28 novembre 1938, n. 2138, e successive modificazioni, ed è
riscosso unitamente ai contributi predetti.
A partire dal 1° gennaio 1973 è dovuto all'Istituto nazionale
per l'assicurazione contro le malattie un contributo annuo di lire
25.000 milioni da parte della Cassa unica assegni familiari.
Per gli apprendisti è dovuto un contributo di lire 32 settimanali.
Per i lavoratori a domicilio tradizionali è dovuto un contributo
di lire 120 settimanali.
Per i giornalisti iscritti all'Istituto nazionale di previdenza per
i giornalisti italiani "Giovanni Amendola" è dovuto
un contributo pari allo 0,15 per cento della retribuzione.
Per i lavoratori iscritti all'Ente nazionale di previdenza ed assistenza
per i lavoratori dello spettacolo è dovuto un contributo pari
allo 0,53 per cento della retribuzione.
Per i lavoratori iscritti all'Ente nazionale di previdenza ed assistenza
per gli impiegati dell'agricoltura è dovuto un contributo pari
allo 0,50 per cento della retribuzione.
Per i lavoratori iscritti alle Casse di soccorso di cui al regio decreto
8 gennaio 1931, numero 148, e successive modificazioni, è dovuto
un contributo pari allo 0,53 per cento della retribuzione. Tale contributo
non è dovuto per il personale addetto alle autolinee extraurbane
in concessione iscritto alle Casse di soccorso istituite per effetto
della legge 22 settembre 1960, n. 1054, per le quali il contributo
previsto a carico dei datori di lavoro dall'articolo 2, n. 2), dei
rispettivi statuti è comprensivo dell'onere derivante dalla
erogazione del trattamento economico per le lavoratrici madri.
Le eventuali eccedenze fra il gettito dei contributi e le prestazioni
erogate saranno devolute, nell'ambito di ciascun istituto, ente o
cassa, all'assicurazione obbligatoria contro le malattie.
Riguardo al versamento del contributo di cui al presente articolo,
alle trasgressioni degli obblighi relativi ed a quanto altro concerne
il contributo medesimo, si applicano le norme relative ai contributi
per l'assicurazione obbligatoria contro le malattie.
Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro
per il lavoro e la previdenza sociale, di concerto con quello per
il tesoro, la misura dei contributi stabiliti dalla presente legge
può essere modificata in relazione alle effettive esigenze
delle relative gestioni.
ARTICOLO 22.
L'assicurazione di maternità per le lavoratrici a domicilio
tradizionali e per le addette ai servizi domestici familiari, gestita
dall'INPS, è trasferita con i relativi avanzi di gestione all'INAM.
TITOLO III - Corresponsione di un assegno
di natalità alle coltivatrici dirette, alle lavoratrici artigiane
e alle lavoratrici esercenti attività commerciale
(Titolo abrogato dall'art. 9, L. 29 dicembre 1987, n. 546)
TITOLO IV - Disposizioni varie, vigilanza
e penalità
ARTICOLO 28.
Prima dell'inizio dell'astensione obbligatoria dal lavoro di cui all'articolo
4, lettera a), della presente legge le lavoratrici di cui all'articolo
1 della presente legge dovranno consegnare al datore di lavoro e all'istituto
erogatore delle indennità giornaliere di maternità il
certificato medico indicante la data presunta del parto. La data indicata
nel certificato fa stato, nonostante qualsiasi errore di previsione.
ARTICOLO 29.
Tutti i documenti occorrenti per l'applicazione della presente legge
sono esenti da ogni imposta, tassa, diritto o spesa di qualsiasi specie
e natura.
ARTICOLO 30.
La vigilanza sulla presente legge è demandata al Ministero
del lavoro e della previdenza sociale che la esercita attraverso l'ispettorato
del lavoro.
Al rilascio dei certificati medici di cui alla presente legge sono
abilitati gli ufficiali sanitari, i medici condotti, i medici dell'istituto
presso il quale la lavoratrice è assicurata per il trattamento
di maternità, salvo quanto previsto dai commi successivi.
Qualora i certificati siano redatti da medici diversi da quelli di
cui al precedente comma, il datore di lavoro o l'istituto presso il
quale la lavoratrice è assicurata per il trattamento di maternità
hanno facoltà di accettare i certificati stessi ovvero, di
richiederne la regolarizzazione alla lavoratrice interessata.
I medici dell'ispettorato del lavoro hanno facoltà di controllo.
Il certificato medico attestante la malattia del bambino, di cui al
secondo comma dell'articolo 7 della presente legge, può essere
redatto da un medico di libera scelta della lavoratrice.
L'astensione dal lavoro di cui all'articolo 5, lettera a), della presente
legge è disposta dall'ispettorato del lavoro in base ad accertamento
medico, per il quale l'ispettorato del lavoro ha facoltà di
delegare gli ufficiali sanitari o di avvalersi dei servizi ispettivi
degli istituti previdenziali competenti o di enti pubblici e di istituti
specializzati di diritto pubblico. In ogni caso il provvedimento dovrà
essere emanato entro sette giorni dalla ricezione dell'istanza della
lavoratrice.
L'astensione dal lavoro di cui alle lettere b) e c) dell'articolo
5 della presente legge è disposta dall'ispettorato del lavoro,
oltreché su istanza della lavoratrice, anche di propria iniziativa,
qualora nel corso della propria attività di vigilanza constati
l'esistenza delle condizioni che danno luogo all'astensione medesima.
Parimenti, lo spostamento delle lavoratrici ad altre mansioni, di
cui al terzo comma dell'articolo 3 della presente legge, è
disposto dall'ispettorato del lavoro sia di propria iniziativa, sia
su istanza della lavoratrice.
Fino all'emanazione del primo decreto ministeriale di cui all'ultimo
comma dell'articolo 4 della presente legge, l'anticipazione dell'astensione
obbligatoria dal lavoro di cui al secondo comma dell'articolo sopracitato
è disposta dall'ispettorato del lavoro.
I provvedimenti dell'ispettorato del lavoro in ordine a quanto previsto
dai commi sesto, settimo, ottavo e nono del presente articolo sono
definitivi.
ARTICOLO 31.
1. L'inosservanza delle disposizioni contenute negli articoli 3, primo,
secondo e terzo comma, 4 e 5 è punita con l'arresto fino a
sei mesi.
2. L'inosservanza delle disposizioni contenute nell'articolo 2 è
punita con la sanzione amministrativa da lire due milioni a lire cinque
milioni.
3. L'inosservanza delle disposizioni contenute nell'articolo 10 e
il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di
assenza dal lavoro di cui all'art. 7 della presente legge sono puniti
con la sanzione amministrativa da lire un milione a lire cinque milioni.
4. L'autorità competente a ricevere il rapporto per le violazioni
amministrative previste dal presente articolo e ad emettere l'ordinanza
di ingiunzione è l'ispettorato del lavoro.
ARTICOLO 32.
Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro
per il lavoro e la previdenza sociale, entro 90 giorni, saranno emanate
norme regolamentari per l'applicazione della presente legge.
ARTICOLO 33.
Sono abrogate le disposizioni della legge 26 agosto 1950, n. 860,
sulla tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri e successive
modificazioni in contrasto con le norme della presente legge.
ARTICOLO 34.
Le disposizioni contenute negli articoli 11, 12 e 13 della legge 26
agosto 1950, n. 860, continuano ad applicarsi in via transitoria ai
datori di lavoro che, ai sensi della legge stessa, abbiano istituito
camere di allattamento o asili nido aziendali funzionanti alla data
del 15 dicembre 1971.
L'ispettorato del lavoro, sentite le organizzazioni sindacali aziendali,
può autorizzare la chiusura delle camere di allattamento e
degli asili nido aziendali di cui al precedente comma in relazione
alle effettive esigenze delle lavoratrici occupate nell'azienda ed
all'attuazione del piano quinquennale per l'istituzione di asili nido
comunali con il concorso dello Stato.
ARTICOLO 35.
La presente legge entra in vigore alla data della pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale salvo le diverse decorrenze fissate dagli articoli
precedenti e salvo quanto previsto dal successivo comma.
Alle lavoratrici che al momento dell'entrata in vigore della presente
legge sono assenti dal lavoro ai sensi dell'articolo 5, lettera a),
della legge 26 agosto 1950, n. 860, si continua ad applicare la norma
citata fino all'esaurimento del periodo di cui alla lettera stessa.
____________________________________________________________
In riferimento all'intera legge 1204/71, la legge 53/2000 prevede
inoltre che:
Art 17, c. 1: "Nei casi di astensione dal lavoro disciplinati
dalla presente legge, la lavoratrice e il lavoratore hanno diritto
alla conservazione del posto di lavoro e, salvo che espressamente
vi rinuncino, al rientro nella stessa unità produttiva ove
erano occupati al momento della richiesta di astensione o di congedo
o in altra ubicata nel medesimo comune; hanno altresí diritto
di essere adibiti alle mansioni da ultimo svolte o a mansioni equivalenti."
Art. 17, c. 3: "I contratti collettivi di lavoro possono prevedere
condizioni di maggior favore rispetto a quelle previste dalla presente
legge".
Art. 18, c. 1: "Il licenziamento causato dalla domanda o dalla
fruizione del congedo di cui agli articoli 3 (omissis) della presente
legge (ossia, al nuovo testo dell'art. 7 della 1204 - ndr.) é
nullo.
Art. 18, c.2: "La richiesta di dimissioni presentata dalla lavoratrice
o dal lavoratore durante il primo anno di vita del bambino o nel primo
anno di accoglienza del minore adottato o in affidamento deve essere
convalidata dal Servizio ispezione della direzione provinciale del
lavoro".
NOTE GIURISPRUDENZIALI
DIRITTO AL RIPOSO GIORNALIERO IN CASO DI PARTO PLURIMO
Pretura di Campobasso, ordinanza 4 gennaio 1999 - Est. Valle
Campiotti (Avv.ti lacovino e Di Pardo) contro Ministero dell'interno
(Avv. dello Stato).
Impiegato dello Stato - Lavoratrice madre - Parto plurigemellare (tre
gemelli) - Orario di lavoro pari a sei ore settimanali - Diritto della
lavoratrice a tre periodi di riposo giornaliero di due ore ciascuno
Esclusione.
Impiegato dello Stato - lavoratrice madre - Parto piurigemellare (tre
gemelli) - Orario di lavoro pari a sei ore settimanali - Autorizzazione
da parte datoriale a fruire di un riposo giornaliero di quattro ore
(un'ora per ciascun figlio ed un'ora per lo spostamento casa-ufficio)
-
Satisfattività della soluzione datoriale.
"La lavoratrice-madre che partorisca tre gemelli, in caso di
orario di lavoro pari a sei ore settimanali - stante il dettato dell'art.
10, I. n. 120411971 - non matura il diritto (da fruire durante il
primo anno di età dei bambini) a tre periodi di riposo giornalieri
di due ore ciascuno. La soluzione adottata dall'amministrazione datrice
di lavoro (nella specie, il Ministero dell'Interno) nel senso di riconoscere
alla lavoratrice la fruizione di un riposo giornaliero di quattro
ore (scomponibili in una da dedicare a ciascun figlio e in una per
lo spostamento casa-ufficio) appare adeguata alle specificità
del caso concreto ed - allo stato - satisfattiva del diritto della
lavoratrice."
Tribunale di Campobasso, ordinanza 2 febbraio 1999 - Pres. Sabusco
- Est. Varone - Campiotti (Avv.ti lacovino e Di Pardo) c. Ministero
dell'Interno (Avv. Stato).
Impiegato dello Stato - lavoratrice madre - Parto plurigemellare (tre
gemelli) - Orario di lavoro pari a sei ore settimanali - Cumulabilità
dei permessi giornalieri di cui all'art. 10, I. n.1204/1971 nella
misura di due ore per ogni figlio - legittimità. Impiegato
dello Stato - Lavoratrice madre - Parto plurigemellare (tre gemelli)
- Orario di lavoro pari a sei ore - Assorbimento da parte dei permessi
giornalieri di cui all'art. 10. L. 1204/1971 dell'intera prestazione
lavorativa - Irrilevanza.
"La lavoratrice madre che partorisca tre gemelli -in caso di
orario di lavoro pari a sei ore - ha diritto (ex art. 10, I. n. 120411971)
a tre periodi di riposo giornalieri di due ore ciascuno. Il fatto
che la misura dei permessi giornalieri di cui all'art. 10, I. n. 120411971
finisca con l'assorbire l'intera durata dell'orario di lavoro circostanza
contingente, del tutto irrilevante, poiché anche in caso di
parto plurigemellare deve essere pur sempre la norma a regolare il
fatto e non il fatto ad indurre modificazione (giuridicamente infondate)
della norma."
(Riforma Pret. Campobasso, ordinanza 4 gennaio 1999) |