Decreto legislativo 19 settembre 1994, n°
626
Attuazione delle direttive
89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE
e 90/679/CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della
salute dei lavoratori sul luogo di lavoro. Integrato
dal D.to Lg.vo 19 marzo 1996, n°242
TITOLO I
Capo I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1
Campo di applicazione
1. Il presente decreto legislativo prescrive misure per la tutela
della salute e per la sicurezza dei lavoratori durante il lavoro,
in tutti i settori di attività privati o pubblici.
2. Nei riguardi delle Forze armate e di Polizia, dei servizi di
protezione civile, nonchè nell'ambito delle strutture giudiziarie,
penitenziarie, di quelle destinate per finalità istituzionali
alle attività degli organi con compiti in materia di ordine
e sicurezza pubblica, delle università, degli istituti di
istruzione universitaria, degli istituti di istruzione ed educazione
di ogni ordine e grado, delle rappresentanze diplomatiche e consolari
e dei mezzi di trasporto aerei e marittimi, le norme del presente
decreto sono applicate tenendo conto delle particolari esigenze
connesse al servizio espletato, individuate con decreto del Ministro
competente di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza
sociale, della sanità e della funzione pubblica.
3. Nei riguardi dei lavoratori di cui alla legge 18 dicembre 1973,
n.877, nonchè dei lavoratori con rapporto contrattuale privato
di portierato, le norme del presente decreto si applicano nei casi
espressamente previsti.
4. Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano nelle
regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e
Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e relative norme
di attuazione.
4-bis. Il datore di lavoro che esercita le attività di cui
ai commi 1, 2, 3 e 4 e, nell'ambito delle rispettive attribuzioni
e competenze, i dirigenti e i preposti che dirigono o sovrintendono
le stesse attività, sono tenuti all'osservanza delle disposizioni
del presente decreto.
4-ter. Nell'ambito degli adempimenti previsti dal presente decreto,
il datore di lavoro non può delegare quelli previsti dall'art.4,
commi 1, 2, 4, lettera a), e 11, primo periodo.
Art. 2
Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto si
intendono per:
a) lavoratore: persona che presta il proprio lavoro alle dipendenze
di un datore di lavoro, esclusi gli addetti ai servizi domestici
e familiari, con rapporto di lavoro subordinato anche speciale.
Sono equiparati i soci lavoratori di cooperative o di società,
anche di fatto, che prestino la loro attività per conto delle
società e degli enti stessi, e gli utenti dei servizi di
orientamento o di formazione scolastica, universitaria e professionale
avviati presso datori di lavoro per agevolare o per perfezionare
le loro scelte professionali. Sono altresì equiparati gli
allievi degli istituti di istruzione ed universitari e i partecipanti
a corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori,
macchine, apparecchi ed attrezzature di lavoro in genere, agenti
chimici, fisici e biologici. I soggetti di cui al precedente periodo
non vengono computati ai fini della determinazione del numero dei
lavoratori dal quale il presente decreto fa discendere particolari
obblighi;
b) datore di lavoro: il soggetto titolare del rapporto di lavoro
con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo
e l'organizzazione dell'impresa, ha la responsabilità dell'impresa
stessa ovvero dell'unità produttiva, quale definita ai sensi
della lettera i), in quanto titolare dei poteri decisionali e di
spesa. Nelle pubbliche amministrazioni di cui all'art.1, comma 2,
del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.29, per datore di lavoro
si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione,
ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli
casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia
gestionale;
c) servizio di prevenzione e protezione dai rischi: insieme delle
persone, sistemi e mezzi esterni o interni all'azienda finalizzati
all'attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali
nell'azienda, ovvero unità produttiva;
d) medico competente: medico in possesso di uno dei seguenti titoli:
1) specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva
dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in
igiene industriale o in fisiologia ed igiene del lavoro o in clinica
del lavoro ed altre specializzazioni individuate, ove necessario,
con decreto del Ministro della Sanità di concerto con il
Ministro dell'Università e della ricerca scientifica e tecnologica;
2) docenza o libera docenza in medicina del lavoro o in medicina
preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale
o in igiene industriale o in fisiologia ed igiene del lavoro;
3) autorizzazione di cui all'art.55 del decreto legislativo 15 agosto
1991, n.277;
e) responsabile del servizio di prevenzione e protezione: persona
designata dal datore di lavoro in possesso di attitudini e capacità
adeguate;
f) rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: persona, ovvero
persone, eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto
concerne gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro,
di seguito denominato rappresentante per la sicurezza;
g) prevenzione: il complesso delle disposizioni o misure adottate
o previste in tutte le fasi dell'attività lavorativa per
evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute
della popolazione e dell'integrità dell'ambiente esterno;
h) agente: l'agente chimico, fisico o biologico, presente durante
il lavoro e potenzialmente dannoso per la salute;
i) unità produttiva: stabilimento o struttura finalizzata
alla produzione di beni o servizi, dotata di autonomia finanziaria
e tecnico funzionale".
Art. 3
Misure generali di tutela
1. Le misure generali per la protezione della salute e per la sicurezza
dei lavoratori sono:
a) valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza;
b) eliminazione dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite
in base al progresso tecnico e, ove ciò non è possibile,
loro riduzione al minimo;
c) riduzione dei rischi alla fonte;
d) programmazione della prevenzione mirando ad un complesso che
integra in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche
produttive ed organizzative dell'azienda nonchè l'influenza
dei fattori dell'ambiente di lavoro;
e) sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò
che non lo è, o è meno pericoloso;
f) rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di
lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei
metodi di lavoro e produzione, anche per attenuare il lavoro monotono
e quello ripetitivo;
g) priorità delle misure di protezione collettiva rispetto
alle misure di protezione individuale;
h) limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che
possono essere, esposti al rischio;
i) utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici, sui
luoghi di lavoro;
l) controllo sanitario dei lavoratori in funzione dei rischi specifici;
m) allontanamento del lavoratore dall'esposizione a rischio, per
motivi sanitari inerenti la sua persona;
n) misure igieniche;
o) misure di protezione collettiva ed individuale;
p) misure di emergenza da attuare in caso di pronto soccorso, di
lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave
ed immediato;
q) uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;
r) regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, macchine ed
impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in
conformità alla indicazione dei fabbricanti;
s) informazione, formazione, consultazione e partecipazione dei
lavorato-ri ovvero dei loro rappresentanti, sulle questioni riguardanti
la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro;
t) istruzioni adeguate ai lavoratori;
2. Le misure relative alla sicurezza, all'igiene ed alla salute
durante il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari
per i lavo-ratori.
Art. 4
Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto
1. Il datore di lavoro, in relazione alla natura dell'attività
dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, valuta, nella
scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati
chimici impiegati, nonchè nella sistemazione dei luoghi di
lavoro, i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori,
ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi
particolari.
2. All'esito della valutazione di cui al comma 1, il datore di lavoro
elabora un documento contenente:
a) una relazione sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e
la salute durante il lavoro, nella quale sono specificati i criteri
adottati per la valutazione stessa;
b) l'individuazione delle misure di prevenzione e di protezione
e dei dispositivi di protezione individuale, conseguente alla valutazione
di cui alla lettera a);
c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il
miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza.
3. Il documento è custodito presso l'azienda ovvero l'unità
produttiva.
4. Il datore di lavoro:
a) designa il responsabile del servizio di prevenzione e protezione
interno o esterno all'azienda secondo le regole di cui all'art.8;
b) designa gli addetti al servizio di prevenzione e protezione interno
o esterno all'azienda secondo le regole di cui all'art.8;
c) nomina, nei casi previsti dall'art.16, il medico competente.
5. Il datore di lavoro adotta le misure necessarie per la sicurezza
e la salute dei lavoratori, e in particolare:
a) designa preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione
delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione
dei lavoratori in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio,
di pronto soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza;
b) aggiorna le misure di prevenzione in relazione a mutamenti organizzativi
e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e della sicurezza
del lavoro, ovvero in relazione al grado di evoluzione della tecnica
della prevenzione e della protezione;
c) nell'affidare i compiti ai lavoratori tiene conto delle capacità
e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla
sicurezza;
d) fornisce ai lavoratori i necessari idonei dispositivi di protezione
individuale, sentito il responsabile del servizio di prevenzione
e protezione;
e) prende le misure appropriate affinché soltanto lavoratori
che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li
espongono ad un rischio grave specifico;
f) richiede l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme
vigenti, nonchè delle disposizioni aziendali in materia di
sicurezza
e di igiene del lavoro e di uso con mezzi di protezione collettivi
e dei dispositivi protezione individuali messi a loro disposizione;
g) richiede l'osservanza da parte del medico competente degli obblighi
previsti dal presente decreto informandolo sui processi e sui rischi
connessi all'attività produttiva;
h) adotta le misure per il controllo delle situazioni di rischio
in caso di emergenza e dà istruzioni affinché i lavoratori,
in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino
il posto di lavoro o la zona pericolosa;
i) informa il più presto possibile i lavoratori esposti al
rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso
e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
l) si astiene, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere
ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione
di lavoro in cui persiste un pericolo grave e immediato;
m) permette ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante
per la sicurezza, l'applicazione delle misure di sicurezza e di
protezione della salute e consente al rappresentante per la sicurezza
di accedere alle informazioni ed alla documentazione aziendale di
cui all'art.19, comma 1, lettera e);
n) prende appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche
adottate possano causare rischi per la salute della popolazione
o deteriorare l'ambiente esterno;
o) tiene un registro nel quale sono annotati cronologicamente gli
infortuni sul lavoro che comportano un'assenza dal lavoro di almeno
un giorno. Nel registro sono annotati il nome, il cognome, la qualifica
professionale dell'infortunato, le cause e le circostanze dell'infortunio,
nonchè la data di abbandono e di ripresa del lavoro. Il registro
è redatto conformemente al modello approvato con decreto
del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, sentita la
commissione consultiva permanente, di cui all'art.393 del decreto
del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n.547, e successive
modifiche, ed è conservato sul luogo di lavoro, a disposizione
dell'organo di vigilanza. Fino all'emanazione di tale decreto il
registro è redatto in conformità ai modelli già
disciplinati dalle leggi vigenti;
p) consulta il rappresentante per la sicurezza nei casi previsti
dall'art. 19, comma 1, lettere b), c) e d);
q) adotta le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi
e dell'evacuazione dei lavoratori, nonchè per il caso di
pericolo grave e immediato. Tali misure devono essere adeguate alla
natura dell'attività, alle dimensioni dell'azienda, ovvero
dell'unità produttiva, e al numero delle persone presenti.
6. Il datore di lavoro effettua la valutazione di cui al comma 1
ed elabora il documento di cui al comma 2 in collaborazione con
il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e con il
medico competente nei casi in cui sia obbligatoria la sorveglianza
sanitaria, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.
7. La valutazione di cui al comma 1 e il documento di cui al comma
2 sono rielaborati in occasione di modifiche del processo produttivo
significative ai fini della sicurezza e della salute dei lavoratori.
8. Il datore di lavoro custodisce, presso l'azienda ovvero l'unità
produttiva, la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore sottoposto
a sorveglianza sanitaria, con salvaguardia del segreto professionale,
e ne consegna copia al lavoratore stesso al momento della risoluzione
del rapporto di lavoro, ovvero quando lo stesso ne fa richiesta.
9. Per le piccole e medie aziende, con uno o più decreti
da emanarsi entro il 31 marzo 1996 da parte dei Ministri del lavoro
e della previdenza sociale, dell'industria, del commercio e dell'artigianato
e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente
per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro, in
relazione della natura dei rischi e alle dimensioni dell'azienda,
sono definite procedure standardizzate per gli adempimenti documentali
di cui al presente articolo. Tali disposizioni non si applicano
alle attività industriali di cui all'art.1 del decreto del
Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n.175, e successive
modifiche, soggette all'obbligo di dichiarazione o notifica ai sensi
degli articoli 4 e 6 del decreto stesso, alle centrali termoelettriche,
agli impianti e laboratori nucleari, alle aziende estrattive ed
altre attività minerarie, alle aziende per la fabbricazione
e il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni, e alle
strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private.
10. Per le medesime aziende di cui al comma 9, primo periodo, con
uno o più decreti dei Ministri del lavoro e della previdenza
sociale, dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della
sanità, sentita la commissione consultiva permanente per
la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro, possono
essere altresì definiti:
a) i casi relativi a ipotesi di scarsa pericolosità, nei
quali è possibile lo svolgimento diretto dei compiti di prevenzione
e protezione in aziende ovvero unità produttive che impiegano
un numero di addetti superiore a quello indicato nell'allegato I;
b) i casi in cui è possibile la riduzione a una sola volta
all'anno della visita di cui all'art.17, lettera h), degli ambienti
di lavoro da parte del medico competente, ferma restando l'obbligatorietà
di visite ulteriori, allorché si modificano le situazioni
di rischio.
11. Fatta eccezione per le aziende indicate nella nota (1) dell'allegato
I, il datore di lavoro delle aziende familiari, nonchè delle
aziende che occupano fino a dieci addetti non è soggetto
agli obblighi di cui ai commi 2 e 3, ma è tenuto comunque
ad autocertificare per iscritto la avvenuta effettuazione della
valutazione dei rischi e l'adempimento degli obblighi ad essa collegati.
L'autocertificazione deve essere inviata al rappresentante per la
sicurezza. Sono in ogni caso soggette agli obblighi di cui ai commi
2 e 3 le aziende familiari nonchè le aziende che occupano
fino a 10 addetti, soggette a particolari fattori di rischio, individuate
nell'ambito di specifici settori produttivi con uno o più
decreti del Ministro del lavoro e della previdenza sociale , di
concerto con i Ministri della sanità, dell'industria, del
commercio e dell'artigianato, delle risorse agricole alimentari
e forestali e dell'interno, per quanto di rispettiva competenza.
12. Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione
necessari per assicurare, ai sensi del presente decreto, la sicurezza
dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni
o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed
educative, restano a carico dell'amministrazione tenuta, per effetto
di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In tal
caso gli obblighi previsti dal presente decreto, relativamente ai
predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei dirigenti
o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta
del loro adempimento all'amministrazione competente o al soggetto
che ne ha l'obbligo giuridico.
Art. 5
Obblighi dei lavoratori
1. Ciascun lavoratore deve prendersi cura della propria sicurezza
e della propria salute e di quella delle altre persone presenti
sul luogo di lavoro, su cui possono ricadere gli effetti delle sue
azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione ed alle istruzioni
e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.
2. In particolare i lavoratori:
a) osservano le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore
di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione
collettiva ed individuale;
b) utilizzano correttamente i macchinari, le apparecchiature, gli
utensili, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto
e le altre attrezzature di lavoro, nonché i dispositivi di
sicurezza;
c) utilizzano in modo appropriato i dispositivi di protezione messi
a loro disposizione;
d) segnalano immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o
al preposto le deficienze dei mezzi e dispositivi di cui alle lettere
b) e c), nonché le altre eventuali condizioni di pericolo
di cui vengono a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso
di urgenza, nell'ambito delle loro competenze e possibilità,
per eliminare o ridurre tali deficienze o pericoli, dandone notizia
al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;
e) non rimuovono o modificano senza autorizzazione i dispositivi
di sicurezza o di segnalazione o di controllo;
f) non compiono di propria iniziativa operazioni o manovre che non
sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza
propria o di altri lavoratori;
g) si sottopongono ai controlli sanitari previsti nei loro confronti;
h) contribuiscono, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai
preposti, all'adempimento di tutti gli obblighi imposti dall'autorità
competente o comunque necessari per tutelare la sicurezza e la salute
dei lavoratori durante il lavoro.
Art. 6
Obblighi dei progettisti, dei fabbricanti, dei fornitori e degli
installatori
1. I progettisti dei luoghi di lavoro e degli impianti rispettano
i principi generali di prevenzione in materia di sicurezza e di
salute al momento delle scelte progettuali o tecniche e scelgono
macchine nonchè dispositivi di protezione rispondenti ai
requisiti essenziali di sicurezza previsti nelle disposizioni legislative
e regolamentari vigenti.
2. Sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione
in uso di macchine, di attrezzature di lavoro e di impianti non
rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti
in materia di sicurezza. Chiunque concede in locazione finanziaria
beni assoggettati a forme di certificazione o di omologazione obbligatoria
è tenuto a che gli stessi siano accompagnati dalle previste
certificazioni o degli altri documenti previsti dalla legge.
3. Gli installatori e montatori di impianti, macchine o altri mezzi
tecnici devono attenersi alle norme di sicurezza e di igiene del
lavoro, nonchè alle istruzioni fornite dai rispettivi fabbricanti
dei macchinari e degli altri mezzi tecnici per la parte di loro
competenza.
Art. 7
Contratto d'appalto o contratto d'opera
1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori all'interno
dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, ad imprese appaltatrici
o a lavoratori autonomi:
a) verifica, anche attraverso l'iscrizione alla camera di commercio,
industria e artigianato, l'idoneità tecnico-professionale
delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione
dei lavori da affidare in appalto o contratto d'opera.
b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi
specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare
e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione
alla propria attività.
2. Nell'ipotesi di cui al comma 1 i datori di lavoro:
a) cooperano all'attuazione delle misure di prevenzione dai rischi
sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto;
b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi
cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche
ai fini di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori
delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva.
3. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione e il
coordinamento di cui al comma 2. Tale obbligo non si estende ai
rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici
o dei singoli lavoratori autonomi.
Capo II
Art. 8
Servizio di prevenzione e protezione
1. Salvo quanto previsto dall'art. 10, il datore di lavoro organizza
all'interno dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, il
servizio di prevenzione e protezione, o incarica persone o servizi
esterni all'azienda, secondo le regole di cui al presente articolo.
2. Il datore di lavoro designa all'interno dell'azienda ovvero dell'unità
produttiva, una o più persone da lui dipendenti per l'espletamento
dei compiti di cui all'articolo 9, tra cui il responsabile del servizio
in possesso di attitudini e capacità adeguate, previa consultazione
del rappresentante per la sicurezza.
3. I dipendenti di cui al comma 2 devono essere in numero sufficiente,
possedere le capacità necessarie e disporre di mezzi e di
tempo adeguati per lo svolgimento dei compiti loro assegnati. Essi
non possono subire pregiudizio a causa dell'attività svolta
nell'espletamento del proprio incarico.
4. Salvo quanto previsto al comma 2, il datore di lavoro può
avvalersi di persone esterne all'azienda in possesso delle conoscenze
professionali necessarie per integrare l'azione di prevenzione o
protezione.
5. L'organizzazione del prevenzione e protezione all'interno dell'azienda,
ovvero dell'unità produttiva, è comunque obbligatoria
nei seguenti casi:
a) nelle aziende industriali di cui all'art. 1 del Decreto del Presidente
della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175 e successive modifiche,
soggette all'obbligo di dichiarazione o notifica, ai sensi degli
articoli 4 e 6 del decreto stesso;
b) nelle centrali termoelettriche;
c) negli impianti e laboratori nucleari;
d) nelle aziende per la fabbricazione e il deposito separato di
esplosivi, polveri e munizioni;
e) nelle aziende industriali con oltre 200 dipendenti;
f) nelle aziende estrattive con oltre 50 lavoratori dipendenti;
g) nelle strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private.
6. Salvo quanto previsto dal comma 5, se le capacità dei
dipendenti all'interno dell'azienda ovvero dell'unità produttiva
sono insufficienti, il datore di lavoro può far ricorso a
persone o servizi esterni all'azienda, previa consultazione del
rappresentante per la sicurezza.
7. Il servizio esterno deve essere adeguato alle caratteristiche
dell'azienda, ovvero unità produttiva, a favore della quale
è chiamato a prestare la propria opera, anche con riferimento
al numero degli operatori.
8. Il responsabile del servizio esterno deve possedere attitudini
e capacità adeguate.
9. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con decreto
di concerto con Ministri della sanità e dell'industria, del
commercio e dell'artigianato, sentita la commissione consultiva
permanente, può individuare specifici requisiti, modalità
e procedure, per la certificazione dei servizi, nonchè il
numero minimo degli operatori di cui ai commi 3 e 7.
10. Qualora il datore di lavoro ricorra a persone o servizi esterni
egli non è per questo liberato dalla propria responsabilità
in materia.
11. Il datore di lavoro comunica all'ispettorato del lavoro e alle
unità sanitarie locali territorialmente competenti il nominativo
del la persona designata come responsabile del servizio di prevenzione
e protezione interno all'azienda. Tale comunicazione è corredata
da una dichiarazione nella quale si attesti con riferimento alle
persone designate:
a) i compiti svolti in materia di prevenzione e protezione;
b) il periodo nel quale tali compiti sono stati svolti;
c) il curriculum professionale.
Art. 9
Compiti del Servizio di prevenzione e protezione
1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali
provvede:
a) all'individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei
rischi e all'individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità
degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla
base della specifica conoscenza dell'organizzazione aziendale;
b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive
e protettive e i sistemi di cui all'art. 4, comma 2, lettera b)
e i sistemi di controllo di tali misure;
c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività
aziendali;
d) a proporre i programmi di formazione e informazione dei lavoratori;
e) a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute
e di sicurezza di cui all'art. 11;
f) fornire ai lavoratori le informazioni di cui all'art. 21.
2. Il datore di lavoro fornisce ai servizi di prevenzione e protezione
informazioni in merito a:
a) natura dei rischi;
b) l'organizzazione del lavoro, la programmazione e l'attuazione
delle misure preventive e protettive;
c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi;
d) i dati del registro degli infortuni e delle malattie professionali;
e) le prescrizioni degli organi di vigilanza.
3. I componenti del servizio di prevenzione e protezione e i rappresentanti
dei lavoratori per la sicurezza sono tenuti al segreto in ordine
ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza nell'esercizio
delle funzioni di cui al presente decreto.
4. I servizio di prevenzione e protezione è usato dal datore
di lavoro.
Art. 10
Svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti del
Servizio di prevenzione e protezione dai rischi
1. Il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti
propri del servizio di prevenzione e protezione dai rischi nonchè
di prevenzione incendi ed evacuazione, nei casi previsti nell'allegato
I, dandone preventiva informazione al rappresentante dei lavoratori
per la sicurezza ed alle condizioni di cui ai commi successivi.
Esso può avvalersi delle facoltà di cui all'art.8
comma 4.
2. Il datore di lavoro che intende svolgere direttamente i compiti
propri del servizio prevenzione e protezione di cui al comma 1,
deve frequentare apposito corso di formazione in materia di sicurezza
e salute sul luogo di lavoro, promosso anche dalle associazione
dei datori di lavoro e trasmettere all'organo di vigilanza competente
per territorio:
a) una dichiarazione attestante la capacità di svolgimento
dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi;
b) una dichiarazione attestante gli adempimenti di cui all'art.
4, commi 1,2,3 e 11;
c) una relazione sull'andamento degli infortuni e delle malattie
professionali della propria azienda elaborata in base ai dati degli
ultimi tre anni del registro infortuni o, in mancanza dello stesso,
di analoga documentazione prevista dalla legislazione vigente;
d) l'attestazione dei frequenza del corso di formazione in materia
di sicurezza e salute sul luogo di lavoro.
Art. 11
Riunione periodica di prevenzione e protezione dai rischi
1. Nelle aziende, ovvero unità produttive, che occupano più
di 15 dipendenti, il datore di lavoro, direttamente o tramite il
servizio prevenzione e protezione dai rischi, indice almeno una
volta l'anno una riunione cui partecipano:
a) il datore di lavoro o un suo rappresentante;
b) il responsabile del servizio prevenzione e protezione dai rischi;
c) il medico competente ove previsto;
d) il rappresentante per la sicurezza.
2. Nel corso della riunione il datore di lavoro sottopone all'esame
dei partecipanti:
a) il documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3;
b) l'idoneità dei mezzi di protezione individuale;
c) i programmi di informazione e formazione dei lavoratori ai fini
della sicurezza e della protezione della loro salute.
3. La riunione ha altresì luogo in occasione di eventuali
significative variazioni delle condizioni di esposizione al rischio,
compresa la programmazione e l'introduzione di nuove tecnologie
che hanno riflessi sulla sicurezza e salute dei lavoratori.
4. Nelle aziende, ovvero unità produttive che occupano fino
a 15 dipendenti, nelle ipotesi di cui al comma 3, il rappresentante
dei lavoratori per la sicurezza può chiedere la convocazione
di un'apposita riunione.
5. il datore di lavoro, anche tramite il servizio prevenzione e
protezione dai rischi, provvede alla redazione del verbale della
riunione che è tenuto a disposizione dei partecipanti per
la sua consultazione.
Capo III
PREVENZIONE INCENDI, EVACUAZIONE DEI LAVORATORI, PRONTO SOCCORSO
Art. 12
Disposizioni generali
1. Ai fini degli adempimenti di cui all'art.4, comma 5, lettera
q), il datore di lavoro:
a) organizza i necessari rapporti con i servizi pubblici competenti
in materia di pronto soccorso, salvataggio, lotta antincendio e
gestione dell'emergenza;
b) designa preventivamente i lavoratori incaricati di attuare le
misure di cui all'art. 4, comma 5, lettera a);
c) informa tutti i lavoratori che possono essere esposti ad un pericolo
grave ed immediato circa le misure predisposte ed i comportamenti
da adottare;
d) programma gli interventi, prende i provvedimenti e dà
istruzioni affinché i lavoratori possano, in caso di pericolo
grave ed immediato che non può essere evitato, cessare la
loro attività, ovvero mettersi al sicuro, abbandonando immediatamente
il luogo di lavoro;
e) prende i provvedimenti necessari affinché qualsiasi lavoratore,
in caso di pericolo grave ed immediato per la propria sicurezza
ovvero per quella di altre persone e nell'impossibilità di
contattare il competente superiore gerarchico, possa prendere le
misure adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo, tenendo
conto delle sue conoscenze e dei mezzi tecnici disponibili.
2. ai fini delle designazioni di cui al comma 1, lettera b), il
datore di lavoro tiene conto delle dimensioni dell'azienda ovvero
dei rischi specifici dell'azienda ovvero dell'unità produttiva.
3 I lavoratori non possono, se non per giustificato motivo, rifiutare
la designazione. Essi devono formati in numero sufficiente e disporre
di attrezzature adeguate, tenendo conto delle dimensioni ovvero
dei rischi specifici dell'azienda ovvero dell'unità produttiva.
4. Il datore di lavoro deve, salvo eccezioni debitamente motivate,
astenersi dal chiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività
in una situazione in cui persiste un pericolo grave ed immediato.
Art. 13
Prevenzione incendi
1. Fermo restando quanto previsto dal decreto del Presidente della
Repubblica 29 luglio 1982 n° 577, i Ministri dell'interno, del
lavoro e della previdenza sociale, in relazione al tipo di attività,
al numero dei lavoratori occupati ed ai fattori di rischio, adottano
uno o più decreti nei quali sono definiti:
a) i criteri diretti ad individuare:
1) misure intese ad evitare l'insorgere di un incendio e a limitarne
le conseguenze qualora esso si verifichi;
2) misure precauzionali di esercizio;
3) metodi di controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature
antincendio;
4) criteri per la gestione delle emergenze;
b) le caratteristiche dello specifico servizio prevenzione e protezione
antincendio di cui all'art. 12, compresi i requisiti del personale
addetto e la sua formazione;
2. Per il settore minerario il decreto di cui al comma 1 è
adottato dai Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza
sociale e dell'industria, del commercio e dell'artigianato.
Art.14
Diritti dei lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato
1. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave, immediato e che
non può essere evitato, si allontana dal posto di lavoro
ovvero da una zona pericolosa, non può subire pregiudizio
alcuno e deve essere protetto da qualsiasi conseguenza dannosa.
2. Il lavoratore che, nel caso di pericolo grave ed immediato e
nell'impossibilità di contattare il competente superiore
gerarchico, prende misure per evitare le conseguenze di tale pericolo,
non può subire pregiudizio per tale azione, a meno che non
abbia commesso una grave negligenza.
Art. 15
Pronto soccorso
1. Il datore di lavoro, tenendo conto della natura delle attività
e delle dimensioni dell'azienda ovvero dell'unità produttiva,
sentito il medico competente ove previsto, prende i provvedimenti
necessari in materia di pronto soccorso e di assistenza medica di
emergenza, tenendo conto delle altre eventuali persone presenti
sui luoghi di lavoro e stabilendo i necessari rapporti con i servizi
esterni, anche per il trasporto dei lavoratori infortunati.
2. Il datore di lavoro, qualora non vi provveda direttamente, designa
uno o più lavoratori incaricati dell'attuazione dei provvedimenti
di cui al comma 1.
3. Le caratteristiche minime delle attrezzature di pronto soccorso,
i requisiti del personale addetto e la sua formazione sono individuati
in relazione alla natura dell'attività, al numero dei lavoratori
occupati e ai fattori di rischio, con decreto dei Ministri della
sanità, del lavoro e della previdenza sociale, della funzione
pubblica e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita
la commissione consultiva permanente e il Consiglio superiore di
sanità.
4. Fino all'emanazione del decreto di cui al comma 3 si applicano
le disposizioni vigenti in materia.
Capo IV
SORVEGLIANZA SANITARIA
Art.16
Contenuto della sorveglianza sanitaria
1. La sorveglianza sanitaria è effettuata nei casi previsti
dalla normativa vigente.
2. La sorveglianza di cui al comma 1 è effettuata dal medico
competente e comprende:
a) accertamenti preventivi intesi a constatare l'assenza di controindicazioni
al lavoro cui i lavoratori sono destinati, ai fini della valutazione
della loro idoneità alla mansione specifica;
b) accertamenti periodici per controllare lo stato di salute dei
lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione
specifica;
3. Gli accertamenti di cui al comma 2 comprendono esami clinici
e biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari
dal medico competente.
Art. 17
Il medico competente
1. Il medico competente:
a) collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione
e protezione di cui all'art. 8 sulla base della specifica conoscenza
dell'organizzazione dell'azienda ovvero dell'unità produttiva
e delle situazioni di rischio, alla predisposizione dell'attuazione
delle misure per la tutela della salute e dell'integrità
psicofisica dei lavoratori;
b) effettua gli accertamenti sanitari di cui all'art. 16;
c) esprime i giudizi di idoneità alla mansione specifica
al lavoro, di cui all'art. 16;
d) istituisce ed aggiorna, sotto la propria responsabilità,
per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria, una cartella
sanitaria e di rischio da custodire presso il datore di lavoro con
la salvaguardia del segreto professionale;
e) fornisce informazioni ai lavoratori sul significato degli accertamenti
sanitari cui sono sottoposti e, nel caso di esposizione ad agenti
con effetti a lungo termine, sulla necessità di sottoporsi
ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività
che comporta l'esposizione a tali agenti. Fornisce altresì,
a richiesta, informazioni analoghe ai rappresentanti per la sicurezza;
f) informa ogni lavoratore interessato dei risultati degli accertamenti
sanitari di cui alla lettera b) e, a richiesta dello stesso, gli
rilascia copia della documentazione sanitaria;
g) comunica, in occasione delle riunioni di cui all'art. 11, ai
rispettivi rappresentanti per la sicurezza, i risultati anonimi
collettivi degli accertamenti clinici e strumentali effettuati e
fornisce indicazioni sul significato di detti risultati;
h) congiuntamente con il responsabile del servizio di prevenzione
e protezione dai rischi, visita gli ambienti di lavoro almeno due
volte all'anno e partecipa alla programmazione del controllo dell'esposizione
dei lavoratori i cui risultati gli sono forniti con tempestività
ai fini delle valutazioni dei pareri di competenza;
i) fatti salvi controlli sanitari di cui alla lettera b), effettua
le visite mediche richieste dal lavoratore, qualora tale richiesta
sia correlata ai rischi professionali;
l) collabora con il datore di lavoro alla predisposizione del servizio
di pronto soccorso di cui all'art. 15;
m) collabora all'attività di formazione e informazione di
cui al capo VI;
2. Il medico competente può avvalersi, per motivate ragioni,
della collaborazione di medici specialisti scelti dal datore di
lavoro che ne sopporta gli oneri.
3. Qualora il medico competente, a seguito degli accertamenti di
cui all'art. 16 comma 2, esprima un giudizio sull'idoneità
parziale o temporanea o totale dl lavoratore, ne informa per iscritto
il datore di lavoro e il lavoratore.
4. Avverso il giudizio di cui al comma 3 è ammesso ricorso,
entro trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo,
all'organo di vigilanza territorialmente competente che dispone,
dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica
o la revoca del giudizio stesso.
5. Il medico competente svolge la propria opera in qualità
di:
a) dipendente da una struttura esterna pubblica o privata convenzionata
con l'imprenditore per lo svolgimento dei compiti di cui al presente
capo;
b) libero professionista;
c) dipendente del datore di lavoro.
6. Qualora il medico competente sia dipendente dal datore di lavoro,
questi gli fornisce i mezzi e gli assicura le condizioni necessarie
per lo svolgimento dei suoi compiti.
7. Il dipendente di una struttura pubblica non può svolgere
l'attività di medico competente, qualora esplichi attività
di vigilanza.
Capo V
CONSULTAZIONE E PARTECIPAZIONE DEI LAVORATORI
Art. 18
Rappresentante per la sicurezza
1. In tutte le aziende, o unità produttive, è eletto
o designato il rappresentante per la sicurezza.
2. Nelle aziende, o unità produttive, che occupino sino a
15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza è eletto
direttamente dai lavoratori al loro interno. Nelle aziende che occupano
fino a 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza può
essere individuato per più aziende nell'ambito territoriale
ovvero del comparto produttivo. Esso può essere designato
o eletto dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali,
così come definite dalla contrattazione collettiva di riferimento.
3. Nelle aziende, ovvero unità produttive, con più
di 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza è eletto
o designato dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali
in azienda. In assenza di tali rappresentanze, è eletto dai
lavoratori dell'azienda al loro interno.
4. Il numero, le modalità di designazione o di elezione del
rappresentante per la sicurezza, nonchè il tempo di lavoro
retribuito e gli strumenti per l'espletamento delle funzioni, sono
stabiliti in sede di contrattazione collettiva.
5. In caso di mancato accordo nella contrattazione collettiva di
cui al comma 4, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale,
sentite le parti, stabilisce con proprio decreto, da emanarsi entro
tre mesi dalla comunicazione del mancato accordo, gli standard relativi
alle materie di cui al comma 4. Per le Amministrazioni pubbliche
provvede il Ministro per la funzione pubblica sentite le organizzazioni
sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale.
6. In ogni caso il numero minimo dei rappresentanti di cui al comma
1 è il seguente:
a) un rappresentante nelle aziende ovvero unità produttive
sino a 200 dipendenti;
b) tre rappresentanti nelle aziende ovvero unità produttive
da 201 a 1000 dipendenti;
c) sei rappresentanti in tutte le altre aziende ovvero unità
produttive.
7. Le modalità e i contenuti specifici della formazione del
rappresentante per la sicurezza sono stabiliti in sede di contrattazione
collettiva nazionale di categoria con il rispetto dei contenuti
minimi previsti dal decreto di cui all'art. 22, comma 7.
Art. 19
Attribuzioni del rappresentante per la sicurezza
1. Il rappresentante per la sicurezza:
a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;
b) è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine
alla valuta-zione dei rischi, alla individuazione, programmazione,
realizzazione e verifica della prevenzione nell'azienda ovvero unità
produttiva;
c) è consultato sulla designazione degli addetti al servizio
di preven-zione, all'attività di prevenzione incendi, al
pronto soccorso all'evacuazione dei lavoratori;
d) è consultato in merito all'organizzazione della formazione
di cui all'art. 22, comma 5;
e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente
la valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonchè
quelle inerenti le sostanze e i preparati pericolosi, le macchine,
gli impianti, l'organizzazione degli ambienti di lavoro, gli infortuni
e le malattie professionali;
f) riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;
g) riceve una formazione adeguata, comunque non inferiore a quella
prevista dall'art. 22;
h) promuove l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione delle
misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l'integrità
fisica dei lavoratori;
i) formula osservazioni in occasioni di visite e verifiche effettuate
dalle autorità competenti;
l) partecipa alla riunione di cui all'art. 11;
m) fa proposte in merito all'attività di prevenzione;
n) avverte il responsabile dell'azienda dei rischi individuati nel
corso della sua attività;
o) può fare ricorso alle autorità competenti qualora
ritenga che la misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate
dal datore di lavoro e i mezzi impiegati per attuarle non siano
idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro.
2. Il rappresentante per la sicurezza deve disporre del tempo necessario
allo svolgimento dell'incarico senza perdita di retribuzione, nonchè
dei mezzi necessari per l'esercizio delle funzioni e delle facoltà
riconosciutegli.
3. Le modalità per l'esercizio delle funzioni di cui al comma
1 sono stabilite in sede di contrattazione collettiva nazionale.
4. Il rappresentante per la sicurezza non può subire pregiudizio
alcuno a causa dello svolgimento della propria attività e
nei suoi confronti si applicano le stesse tutele previste dalla
legge per le rappresentanze sindacali.
5. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso , per l'espletamento
della sua funzione, al documento di cui all'art.4, commi 2 e 3,
nonchè al registro degli infortuni sul lavoro di cui all'art.4,
comma 5, lettera o).
Art. 20
Organismi paritetici
1. A livello territoriale sono costituiti organismi paritetici tra
le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori,
con funzioni di orientamento e di promozione di iniziative formative
nei confronti dei lavoratori. Tali organismi sono inoltre prima
istanza di riferimento in merito a controversie sorte sull'applicazione
dei diritti di rappresentanza, informazione e formazione, previsti
dalle norme vigenti.
2. Sono fatti salvi, ai fini del comma 1, gli organismi bilaterali
o partecipativi previsti da accordi interconfederali, di categoria,
nazionali, territoriali o aziendali.
3. Agli effetti dell'art.10 del decreto legislativo 3 febbraio 1993,
n.29, gli organismi di cui al comma 1 sono parificati alla rappresentanza
indicata nel medesimo articolo.
Capo VI
INFORMAZIONE E FORMAZIONE DEI LAVORATORI
Art. 21
Informazione dei lavoratori
1. Il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore
riceva una adeguata informazione su:
a) i rischi per la sicurezza e la salute connessi all'attività
dell'impresa in generale;
b) le misure e le attività di protezione e prevenzione adottate;
c) i rischi specifici cui è esposto in relazione all'attività
svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in
materia;
d) i pericoli connessi all'uso delle sostanze e dei preparati pericolosi
sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa
vigente e dalle norme di buona tecnica;
e) le procedure che riguardano il pronto soccorso, la lotta antincendio,
l'evacuazione dei lavoratori;
f) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione ed il
medico competente;
g) i nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure
di cui agli articoli 12 e 15.
2. Il datore di lavoro fornisce le informazioni di cui al comma
1, lettere a), b), c), anche ai lavoratori di cui all'art.1, comma
3.
Art. 22
Formazione dei lavoratori
1. Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore, ivi compresi
i lavoratori di cui all'art. 1, comma 3, riceva una formazione sufficiente
ed adeguata in materia di sicurezza e di salute, con particolare
riferimento al proprio posto di lavoro ed alle proprie mansioni.
2. La formazione deve avvenire in occasione:
a) dell'assunzione;
b) del trasferimento o del cambiamento di mansioni;
c) dell'introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove
tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi.
3. La formazione deve essere periodicamente ripetuta in relazione
all'evoluzione dei rischi ovvero all'insorgenza di nuovi rischi.
4. Il rappresentante per la sicurezza ha diritto ad un formazione
particolare in materia di salute e sicurezza, concernente la normativa
in materia di sicurezza e salute e i rischi specifici esistenti
nel proprio ambito di rappresentanza, tale da assicurargli adeguate
nozioni sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei
rischi stessi.
5. I lavoratori incaricati dell'attività di prevenzione incendi
e lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo
grave ed immediato, di salvataggio, di pronto soccorso e, comunque,
di gestione dell'emergenza devono essere adeguatamente formati.
6. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti
di cui al comma 4 deve avvenire, in collaborazione con gli organismi
paritetici di cui all'art. 20, durante l'orario di lavoro e non
può comportare oneri economici a carico dei lavoratori.
7. I Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità,
sentita la commissione consultiva permanente, possono stabilire
i contenuti minimi della formazione dei lavoratori, dei rappresentanti
per la sicurezza e dei datori di lavoro di cui all'art.10, comma
3, tenendo anche conto delle dimensioni e della tipologia delle
imprese.
Capo VII
DISPOSIZIONI CONCERNENTI LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Art. 23
V i g i l a n z a
1. La vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia
di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro è svolta dall'unità
sanitaria locale e, per quanto di specifica competenza, dal Corpo
nazionale dei vigili del fuoco, nonchè, per il settore minerario,
dal Ministero dell'industria , del commercio e dell'artigianato,
e per le industrie estrattive di seconda categoria e le acque minerali
e termali dalle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano.
2. Ferme restando le competenze in materia di vigilanza attribuite
dalla legislazione vigente all'ispettorato del lavoro, per attività
lavorative comportanti rischi particolarmente elevati, da individuare
con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta
dei ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità,
sentita la Commissione consultiva permanente, l'attività
di vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di
sicurezza può essere esercitata anche dall'ispettorato del
lavoro che ne informa preventivamente il servizio di prevenzione
e sicurezza dell'unità sanitaria locale competente per territorio.
3. Il decreto di cui al comma 2 è emanato entro dodici mesi
dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
4. Restano ferme le competenze in materia di sicurezza e salute
dei lavoratori attribuite dalle disposizioni vigenti agli uffici
di sanità aerea e marittima ed alle autorità marittime,
portuali ed aeroportuali, per quanto riguarda la sicurezza dei lavoratori
a bordo di navi e di aeromobili ed in ambito portuale ed aeroportuale,
ed ai servizi sanitari e tecnici istituiti per le Forze Armate e
per le Forze di Polizia; i predetti servizi sono competenti altresì
per le aree riservate o operative e per quelle che presentano analoghe
esigenze da individuarsi, anche per quel che riguarda le modalità
di attuazione, con decreto del Ministro competente di concerto con
i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità.
L'Amministrazione della giustizia può avvalersi dei servizi
istituiti per le Forze Armate e di Polizia, anche mediante convenzione
con i rispettivi Ministeri, nonchè dei servizi istituiti
con riferimento alle strutture penitenziarie.
Art. 24
Informazione, consulenza, assistenza
1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, il
Ministero dell'Interno tramite le strutture del Corpo nazionale
dei vigili del fuoco, l'Istituto superiore per la prevenzione e
sicurezza sul lavoro, anche mediante i propri dipartimenti periferici,
il Ministero del lavoro e della previdenza sociale , per mezzo degli
ispettorati del lavoro, il Ministero dell'Industria, del commercio
e dell'artigianato, per il settore estrattivo, tramite gli uffici
della direzione generale delle miniere, l'Istituto italiano di medicina
sociale, l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni
sul lavoro e gli enti di patronato svolgono attività di informazione,
consulenza e assistenza in materia di sicurezza e salute nei luoghi
di lavoro, in particolare nei confronti delle imprese artigiane
e delle piccole e medie imprese delle rispettive associazioni dei
datori di lavoro.
2. L'attività di consulenza non può essere prestata
dai soggetti che svolgono attività di controllo e di vigilanza.
Art. 25
Coordinamento
1. Con atto di indirizzo e coordinamento, da emanarsi, su proposta
dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità,
previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, entro un anno dalla
data di entrata in vigore del presente decreto, sono individuati
criteri al fine di assicurare unità ed omogeneità
di comportamenti in tutto il territorio nazionale nell'applicazione
delle disposizioni in materia di sicurezza, salute dei lavoratori
e di radioprotezione.
Art. 26
Commissione consultiva permanente
per la prevenzione degli infortuni e l'igiene del lavoro
1. L'art. 393 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile
1955 n° 547, è sostituito dal seguente:
"Art. 393 (Costituzione della commissione) -
1. Presso il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale è
istituita una commissione consultiva permanente per la prevenzione
degli infortuni e per l'igiene del lavoro. Essa è presieduta
dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale o dal direttore
generale della Direzione generale dei rapporti di lavoro da lui
delegato, ed è composta da:
a) cinque funzionari esperti designati dal Ministro del lavoro e
della previdenza sociale, di cui tre ispettori del lavoro, laureati
uno in ingegneria, uno in medicina e chirurgia ed un in chimica
o fisica;
b) il direttore e tre funzionari dell'Istituto superiore per la
prevenzione e sicurezza del lavoro;
c) un funzionario dell'Istituto superiore di sanità;
d) il direttore generale competente del Ministero della sanità
ed un funzionario per ciascuno dei seguenti Ministeri: industria,
commercio ed artigianato; interno; difesa; trasporti; risorse agricole
alimentari e forestali; ambiente e della Presidenza del Consiglio
dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica e degli affari
regionali;
e) sei rappresentanti delle regioni e province autonome designati
dalla Conferenza Stato-regioni;
f) un rappresentante dei seguenti organismi: Istituto nazionale
assicurazioni e infortuni sul lavoro; Corpo nazionale dei vigili
del fuoco; Consiglio nazionale delle ricerche; UNI; CEI; Agenzia
nazionale protezione ambiente; Istituto italiano di medicina sociale;
g) otto esperti nominati dal Ministero del lavoro e della previdenza
sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei lavoratori
maggiormente rappresentative a livello nazionale;
h) otto esponenti nominati dal Ministero del lavoro e della previdenza
sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei datori
di lavoro, anche dell'artigianato e della piccola e media impresa,
maggiormente rappresentative a livello nazionale;
i) un esperto nominato dal Ministro del lavoro e della previdenza
sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei dirigenti
d'azienda maggiormente rappresentative a livello nazionale.
2. Per ogni rappresentante effettivo è designato un membro
supplente.
3. All'inizio di ogni mandato la commissione può istituire
comitati speciali permanenti dei quali determina la composizione
e la funzione.
4. La commissione può chiamare a far parte dei comitati di
cui al comma 3 persone particolarmente esperte, anche su designazione
delle associazioni professionali, dell'università e degli
enti di ricerca, in relazione alle materie trattate.
5. Le funzioni inerenti alla segreteria della commissione sono disimpegnate
da due funzionari del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
6. I componenti della commissione consultiva permanente ed i segretari
sono nominati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza
sociale su designazione degli organismi competenti e durano in carica
tre anni.
Ai predetti componenti, per le riunioni o giornate di lavoro, non
spetta il gettone di presenza di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 11 gennaio 1956, n.5, e successive modificazioni."
2. L'Art. 394 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile
1955, n° 547, è sostituito dal seguente:
"Art.394 (Compiti della commissione).
1. La commissione consultiva permanente ha il compito di:
a) esaminare i problemi applicativi della normativa in materia di
sicurezza e salute sul posto di lavoro e predisporre una relazione
annuale al riguardo;
b) formulare proposte per lo sviluppo e il perfezionamento della
legislazione vigente e per il suo coordinamento con altre disposizioni
concernenti la sicurezza e la protezione della salute dei lavoratori,
nonchè per il coordinamento degli organi preposti alla vigilanza;
c) esaminare le problematiche evidenziate dai comitati regionali
sulle misure preventive e di controllo dei rischi adottate nei luoghi
di lavoro;
d) proporre linee guida applicative della normativa di sicurezza;
e) esprimere parere sugli adeguamenti di natura strettamente tecnica
relativi alla normativa CEE da attuare a livello nazionale;
f) esprimere parere sulle richieste di deroga previste dall'art.48
del decreto legislativo 15 agosto 1991, n.277;
g) esprimere parere sulle richieste di deroga previste dall'art.8
del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n.77;
h) esprimere parere sul riconoscimento della conformità alle
vigenti norme per la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo
di lavoro di mezzi e sistemi di sicurezza;
i) esprimere il parere sui ricorsi avverso le disposizioni impartite
dagli ispettori del lavoro nell'esercizio della vigilanza, sulle
attività comportanti rischi particolarmente elevati, individuate
ai sensi dell'art.43, comma 1, lettera g), n.4, della legge 19 febbraio
1991, n.142, secondo le modalità di cui all'art.402;
l) esprimere parere su richiesta del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale o del Ministero della sanità o delle regioni,
su qualsiasi questione relativa alla sicurezza del lavoro e alla
protezione della salute dei lavoratori.
2. La relazione di cui al comma precedente, lettera a), è
resa pubblica ed è trasmessa alle commissioni parlamentari
competenti ed ai presidenti delle regioni.
3. La commissione, per l'espletamento dei suoi compiti, può
chiedere dati o promuovere indagini e, su richiesta o autorizzazione
del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, effettuare
sopralluoghi."
3. L'art. 395 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile
1995, n.547, è soppresso.
Art. 27
Comitati regionali di coordinamento
1. Con atto di indirizzo e coordinamento, da emanarsi entro un anno
dalla data di entrata in vigore del presente decreto , sentita la
Conferenza Stato-regioni, su proposta dei Ministri del lavoro e
della previdenza sociale e della sanità, previa deliberazione
del Consiglio dei Ministri, sono individuati criteri generali relativi
all'individuazione di organi operanti nella materia della sicurezza
e della salute sul luogo di lavoro al fine di realizzare uniformità
di interventi ed il necessario raccordo con la commissione consultiva
permanente.
2. Alle riunioni della Conferenza Stato-regioni, convocate per i
pareri di cui al comma 1, partecipano i rappresentanti dell'ANCI,
dell'UPI e dell'UNICEM.
Art. 28
Adeguamenti al progresso tecnico
1. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale,
di concerto con i Ministri della sanità e dell'industria,
del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione consultiva
permanente:
a) è riconosciuta la conformità alle vigenti norme
per la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro
di mezzi e sistemi di sicurezza;
b) si dà attuazione alle direttive in materia di sicurezza
e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro della Comunità
europea per le parti in cui modificano modalità esecutive
e caratteristiche di ordine tecnico di altre direttive già
recepite nell'ordinamento nazionale ;
c) si provvede all'adeguamento della normativa di natura strettamente
tecnica e degli allegati al presente decreto in relazione al progresso
tecnologico.
Capo VIII
STATISTICHE DEGLI INFORTUNI E DELLE MALATTIE PROFESSIONALI
Art. 29
Statistiche degli infortuni e delle malattie professionali
1. L'INAIL e l'ISPESL si forniscono reciprocamente i dati relativi
agli infortuni ed alle malattie professionali anche con strumenti
telematici.
2. L'ISPESL e l'INAIL indicono una conferenza permanente di servizio
per assicurare il necessario coordinamento in relazione a quanto
previsto dall'art.8, comma 3, del decreto legislativo 7 dicembre
1993, n.517, nonchè per verificare l'adeguatezza dei sistemi
di prevenzione ed assicurativi, e per studiare e proporre soluzioni
normative e tecniche atte a ridurre il fenomeno degli infortuni
e delle malattie professionali.
3. I criteri per la raccolta ed elaborazione delle informazioni
relative ai rischi e ai danni derivanti da infortunio durante l'attività
lavorativa sono individuati alle norme UNI, riguardanti i parametri
per la classificazione dei casi di infortunio, ed i criteri per
il calcolo degli indici di frequenza e gravità e loro successivi
aggiornamenti.
4. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale
e del Ministro della Sanità, sentita la commissione consultiva
permanente, possono essere individuati criteri integrativi di quelli
di cui al comma 3 in relazione a particolari rischi.
5. I criteri per la raccolta e l'elaborazione delle informazioni
relative ai rischi e ai danni derivanti dalle malattie professionali,
nonchè ad altre malattie e forme patologiche eziologicamente
collegate al lavoro, sono individuati con decreto del Ministro del
lavoro e della previdenza sociale e del Ministro della sanità,
sentita la commissione consultiva permanente, sulla base delle norme
di buona tecnica.
TITOLO II
LUOGHI DI LAVORO
Art. 30
Definizioni
1. Ai fini delle applicazioni delle disposizioni di cui al presente
titolo si intendono per luoghi di lavoro:
a) i luoghi destinati a contenere posti di lavoro, ubicati all'interno
dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, nonchè
ogni altro luogo nell'area della medesima azienda ovvero unità
produttiva comunque accessibile per il lavoro.
2. Le disposizioni del presente titolo non si applicano:
a) ai mezzi di trasporto;
b) ai cantieri temporanei o mobili;
c) alle industrie estrattive;
d) ai pescherecci;
e) ai campi, boschi e altri terreni facenti parte di una impresa
agricola o forestale, ma situati fuori dall'area edificata dell'azienda.
3. Ferme restando le disposizioni di legge vigenti, le prescrizioni
di sicurezza e di salute per i luoghi di lavoro sono specificate
nell'allegato II.
4. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se
del caso, di eventuali lavoratori portatori di handicap.
5. L'obbligo di cui al comma 4 vige, in particolare, per le porte,
le vie di circolazione, le scale, le docce, i gabinetti e i posti
di lavoro utilizzati od occupati direttamente da lavoratori portatori
di handicap.
6. La disposizione di cui al comma 4 non si applica ai luoghi di
lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993, ma debbono
essere adottate misure idonee a consentire la mobilità e
l'utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale.
Art. 31
Requisiti di sicurezza e di salute
1. Ferme restando le disposizioni legislative e regolamentari vigenti
e fatte salve le disposizioni di cui all'art.8, comma 4, del decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n.502, come modificato dal decreto
legislativo 7 dicembre 1993, n.517, i luoghi di lavoro costruiti
o utilizzati anteriormente all'entrata in vigore del presente decreto
devono essere adeguati alle prescrizioni di sicurezza e salute di
cui al presente titolo entro il 1° gennaio 1997.
2. Se gli adeguamenti di cui al comma 1 richiedono un provvedimento
concessorio o autorizzatorio il datore di lavoro deve immediatamente
iniziare il procedimento diretto al rilascio dell'atto ed ottemperare
agli obblighi entro sei mesi dalla data del provvedimento stesso.
3. Sino a che i luoghi di lavoro non vengano adeguati, il datore
di lavoro, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza,
adotta misure alternative che garantiscono un livello di sicurezza
equivalente,
4. Ove vincoli urbanistici o architettonici ostino agli adeguamenti
di cui al comma 1, il datore di lavoro, previa consultazione del
rappresentante per la sicurezza, adotta le misure alternative di
cui al comma 3. Le misure, nel caso di cui al presente comma, sono
autorizzate dall'organo di vigilanza competente per territorio.
Art. 32
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro provvede affinché:
a) le vie di circolazione interne o all'aperto che conducono a uscite
o ad uscite di emergenza e le uscite di emergenza siano sgombre
allo scopo di consentirne l'utilizzazione in ogni evenienza;
b) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti
a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più
rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare
la sicurezza e la salute dei lavoratori;
c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti
a regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche adeguate;
d) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla prevenzione
o all'eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti a regolare manutenzione
e al controllo del loro funzionamento.
Art. 33
Adeguamenti di norme
1. L'art.13 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile
1955, n.547, è sostituito dal seguente:
"Art.13 (Vie e uscite di emergenza).
1. Ai fini del presente decreto si intende per:
a) via di emergenza: percorso senza ostacoli al deflusso che consente
alle persone che occupano un edificio o un locale di raggiungere
un luogo sicuro ;
b) uscita di emergenza: passaggio che immette in un luogo sicuro;
c) luogo sicuro: luogo nel quale le persone sono da considerarsi
al sicuro dagli effetti determinati dall'incendio o altre situazioni
di emergenza;
c-bis) larghezza di una porta o luce netta di una porta: larghezza
di passaggio al netto dell'ingombro dell'anta mobile in posizione
di massima apertura se scorrevole, in posizione di apertura a 90
gradi se incernierata (larghezza utile di passaggio).
2. Le vie e le uscite di emergenza devono rimanere sgombre e consentire
di raggiungere il più rapidamente possibile un luogo sicuro.
3. In caso di pericolo tutti i posti di lavoro devono poter essere
evacuati rapidamente e in piena sicurezza da parte dei lavoratori.
4. Il numero, la distribuzione e le dimensioni delle vie e delle
uscite di emergenza devono essere adeguate alle dimensioni dei luoghi
di lavoro, alla loro ubicazione alla loro destinazione d'uso, alle
attrezzature in essi installate, nonchè al numero massimo
di persone che possono essere presenti in detti luoghi.
5. Le vie e le uscite di emergenza devono avere altezza minima di
m.2,0 e larghezza minima conforme alla normativa vigente in materia
antincendio.
6. Qualora le uscite di emergenza siano dotate di porte, queste
devono essere apribili nel verso dell'esodo e, qualora siano chiuse,
devono poter essere aperte facilmente ed immediatamente da parte
di qualsiasi persona che abbia bisogno di utilizzarle in caso di
emergenza. L'apertura delle porte delle uscite di emergenza nel
verso dell'esodo non è richiesta quando possa determinare
pericoli per passaggio di mezzi o per altre cause, fatta salva l'adozione
di altri accorgimenti adeguati specificamente autorizzati dal Comando
provinciale dei vigili del fuoco competente per territorio.
7. Le porte delle uscite di emergenza non devono essere chiuse a
chiave, se non in casi specificamente autorizzati dall'autorità
competente.
8. Nei locali di lavoro e in quelli destinati a deposito è
vietato adibire, quali porte delle uscite di emergenza, le saracinesche
a rullo, le porte scorrevoli verticalmente e quelle girevoli su
asse centrale.
9. Le vie e le uscite di emergenza, nonchè le vie di circolazione
e le porte che vi danno accesso non devono essere ostruite da oggetti
in modo da poter essere utilizzate in ogni momento senza impedimenti.
10. Le vie e le uscite di emergenza devono essere evidenziate da
apposita segnaletica , conforme alle disposizione vigenti, durevole
e collocata in luoghi appropriati.
11. Le vie e le uscite di emergenza che richiedono un'illuminazione
devono essere dotate di un'illuminazione di sicurezza di intensità
sufficiente, che entri in funzione in caso di guasto dell'impianto
elettrico.
12. Gli edifici che sono costruiti o adattati interamente per le
lavorazioni che presentano pericoli di esplosioni o specifici rischi
di incendio alle quali sono adibiti più di cinque lavoratori
devono avere almeno due scale distinte di facile accesso o rispondere
a quanto prescritto dalla specifica normativa antincendio. Per gli
edifici già costruiti si dovrà provvedere in conformità,
quando non ne esista la impossibilità accertata dall'organo
di vigilanza: in quest'ultimo caso sono disposte le misure e cautele
ritenute più efficienti. Le deroghe già concesse mantengono
la loro validità salvo diverso provvedimento dell'organo
di vigilanza.
13. Per i luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1°
gennaio 1993 non si applica la disposizione contenuta nel comma
4, ma gli stessi debbono avere un numero sufficiente di vie ed uscite
di emergenza.
2. L'art.14 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile
1955, n.547, è sostituito dal seguente:
"Art.14 (Porte e portoni).
1. Le porte dei locali di lavoro devono, per numero, dimensioni,
posizione, e materiali di realizzazione, consentire una rapida uscita
delle persone ed essere agevolmente apribili dall'interno durante
il lavoro.
2. Quando in un locale le lavorazioni e i materiali comportino pericolo
di esplosione o specifici rischi di incendio e siano adibiti alle
attività che si svolgono nel locale stesso più di
5 lavoratori, almeno una porta ogni 5 lavoratori deve essere apribile
nel verso dell'esodo ed avere larghezza minima di m.1,20 -.
3. Quando in un locale si svolgono lavorazioni diverse da quelle
previste al comma 2 , la larghezza minima delle porte è la
seguente:
a) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati
siano fino a 25, il locale deve essere dotato di una porta avente
larghezza minima di m.0,80;
b) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati
siano in numero compreso tra 26 e 50, il locale deve essere dotato
di una porta avente larghezza minima di m.1,20 che si apra nel verso
dell'esodo;
c) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati
siano in numero compreso tra 51 e 100, il locale deve essere dotato
di una porta avente larghezza minima di m.1,20 e di una porta avente
larghezza minima di m.0,80 che si aprano entrambe nel verso dell'esodo;
d) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati
siano in numero superiore a 100, in aggiunta alle porte previste
alla lettera c) il locale deve essere dotato di almeno 1 porta che
si apra nel verso dell'esodo avente larghezza minima di m.1,20 per
ogni 50 lavoratori normalmente ivi occupati o frazione compresa
tra 10 e 50, calcolati limitatamente all'eccedenza rispetto a 100.
4. Il numero complessivo delle porte di cui al comma 3 può
anche essere minore, purchè la loro larghezza complessiva
non risulti inferiore.
5. Alle porte per le quali è prevista una larghezza minima
di m.1,20 è applicabile una tolleranza in meno del 5% (cinque
per cento). Alle porte per le quali è prevista una larghezza
minima di m.0,80 è applicabile una tolleranza in meno del
2% (due per cento).
6. Quando in un locale di lavoro le uscite di emergenza di cui all'art.13,
comma 5, coincidono con le porte di cui al comma 1, si applicano
le disposizioni di cui all'art.13, comma 5.
7. Nei locali di lavoro ed in quelli adibiti a magazzino non sono
ammesse le porte scorrevoli, le saracinesche a rullo, le porte girevoli
su asse centrale, quando non esistano altre porte apribili verso
l'esterno del locale.
8. Immediatamente accanto ai portoni destinati essenzialmente alla
circolazione dei veicoli devono esistere, a meno che il passaggio
dei pedoni sia sicuro, porte per la circolazione dei pedoni che
devono essere segnalate in modo visibile ed essere sgombre in permanenza.
9. Le porte e i portoni apribili nei due versi devono essere trasparenti
o essere muniti di pannelli trasparenti.
10. Sulle porte trasparenti deve essere apposto un segno indicativo
all'altezza degli occhi.
11. Se le superfici trasparenti o traslucide delle porte e dei portoni
non sono costituite da materiali di sicurezza e c'è il rischio
che i lavoratori possano rimanere feriti in caso di rottura di dette
superfici, queste devono essere protette contro lo sfondamento.
12. Le porte scorrevoli devono disporre di un sistema di sicurezza
che impedisca loro di uscire dalle guide o di cadere.
13. Le porte ed i portoni che si aprono verso l'alto devono disporre
di un sistema di sicurezza che impedisca loro di ricadere.
14. Le porte ed i portoni ad azionamento meccanico devono funzionare
senza rischi di infortuni per i lavoratori. Essi devono essere muniti
di dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili
ed accessibili e poter essere aperti anche manualmente, salvo che
la loro apertura possa avvenire automaticamente in caso di mancanza
di energia elettrica.
15. Le porte situate sul percorso delle vie di emergenza devono
essere contrassegnate in maniera appropriata con segnaletica durevole
conformemente alla normativa vigente. Esse devono poter essere aperte,
in ogni momento, dall'interno senza aiuto speciale.
16. Quando i luoghi di lavoro sono occupati le porte devono poter
essere aperte.
17. I luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio
1993 devono essere provvisti di porte di uscita che, per numero
ed ubicazione, consentono la rapida uscita delle persone e che sono
agevolmente apribili dall'interno durante il lavoro. Comunque, detti
luoghi devono essere adeguati quanto meno alle disposizioni di cui
ai precedenti commi 9 e 10. Per i luoghi di lavoro costruiti o utilizzati
prima del 27 novembre 1994 non si applicano le disposizioni dei
commi 2, 3, 4, 5 e 6 concernenti la larghezza delle porte. In ogni
caso la larghezza delle porte di uscita di detti luoghi di lavoro
deve essere conforme a quanto previsto dalla concessione edilizia
ovvero dalla licenza di abitabilità."
3. L'art.8 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile
1955, n.547, è sostituito dal seguente:
"Art.8 (Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e
passaggi).-
1. Le vie di circolazione, comprese scale, scale fisse e banchine
e rampe di carico, devono essere situate e calcolate in modo tale
che i pedoni o i veicoli possano utilizzarle facilmente in piena
sicurezza e conformemente alla loro destinazione e che i lavoratori
operanti nelle vicinanze di queste vie di circolazione non corrano
alcun rischio.
2. Il calcolo delle dimensioni delle vie di circolazione per persone
ovvero merci dovrà basarsi sul numero potenziale degli utenti
e sul tipo di impresa.
3. Qualora sulle vie di circolazione siano utilizzati mezzi di trasporto,
dovrà essere prevista per i pedoni una distanza di sicurezza
sufficiente.
4. Le vie di circolazione destinate ai veicoli devono passare ad
una distanza sufficiente da porte, portoni, passaggi per pedoni,
corridoi e scale.
5. Nella misura in cui l'uso e l'attrezzatura dei locali lo esigano
per garantire la protezione dei lavoratori, il tracciato delle vie
di circolazione deve essere evidenziato.
6. Se i luoghi di lavoro comportano zone di pericolo in funzione
della natura del lavoro e presentano rischi di cadute dei lavoratori
o rischi di cadute d'oggetti, tali luoghi devono essere dotati di
dispositivi per impedire che i lavoratori non autorizzati possano
accedere a dette zone.
7. Devono essere prese misure appropriate per proteggere i lavoratori
autorizzati ad accedere alle zone di pericolo.
8. Le zone di pericolo devono essere segnalate in modo chiaramente
visibile.
9. I pavimenti degli ambienti di lavoro e dei luoghi destinati al
passaggio non devono presentare buche o sporgenze pericolose e devono
essere in condizioni tali da rendere sicuro il movimento ed il transito
delle persone e dei mezzi di trasporto.
10. I pavimenti ed i passaggi non devono essere ingombrati da materiali
che ostacolano la normale circolazione.
11. Quando per evidenti ragioni tecniche non si possono completamente
eliminare dalle zone di transito ostacoli fissi o mobili che costituiscono
un pericolo per i lavoratori o i veicoli che tali zone devono percorrere,
gli ostacoli devono essere adeguatamente segnalati".
4. L'intestazione del titolo II del decreto del Presidente della
Repubblica
19 marzo 1956, n.303, è sostituita dalla seguente:
"Titolo II
DISPOSIZIONI PARTICOLARI".
5. L'art.6 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo
1956, n.303, è sostituito dal seguente:
"Art.6 (Altezza, cubatura e superficie). -
1. I limiti minimi per altezza, cubatura e superficie dei locali
chiusi destinati o da destinarsi al lavoro nelle aziende industriali
che occupano più di 5 lavoratori, ed in ogni caso in quelle
che eseguono le lavorazioni indicate nell'art.33, sono i seguenti:
a) altezza netta non inferiore a m. 3;
b) cubatura non inferiore a mc. 10 per lavoratore;
c) ogni lavoratore occupato in ciascun ambiente deve disporre di
una superficie di almeno mq. 2 -.
2. I valori relativi alla cubatura e alla superficie si intendono
lordi cioè senza deduzione dei mobili, macchine ed impianti
fissi.
3. L'altezza netta dei locali è misurata dal pavimento all'altezza
media della copertura dei soffitti o delle volte.
4. Quando necessità tecniche aziendali lo richiedono, l'organo
di vigilanza competente per territorio può consentire altezze
minime inferiori a quelle sopra indicate e prescrivere che siano
adottati adeguati mezzi di ventilazione dell'ambiente. L'osservanza
dei limiti stabiliti dal presente articolo circa l'altezza, la cubatura
e la superficie dei locali chiusi di lavoro è estesa anche
alle aziende industriali che occupano meno di cinque lavoratori
quando le lavorazioni che in esse si svolgono siano ritenute, a
giudizio dell'organo di vigilanza, pregiudizievoli alla salute dei
lavoratori occupati.
5. Per i locali destinati o da destinarsi ad uffici, indipendentemente
dal tipo di azienda, e per quelli delle aziende commerciali, i limiti
di altezza sono quelli individuati dalla normativa urbanistica vigente".
6. L'art.9 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo
1956, n.303, è sostituito dal seguente:
"Art.9 (Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi).
1. Nei luoghi di lavoro chiusi, è necessario far sì
che tenendo conto dei metodi di lavoro e degli sforzi fisici ai
quali sono sottoposti i lavoratori, essi dispongano di aria salubre
in quantità sufficiente anche ottenuta con impianti di aerazione.
2. Se viene utilizzato un impianto di aerazione, esso deve essere
sempre mantenuto funzionante. Ogni eventuale guasto deve essere
segnalato da un sistema di controllo, quando ciò è
necessario per salvaguardare la salute dei lavoratori.
3. Se sono utilizzati impianti di condizionamento dell'aria o di
ventilazione meccanica, essi devono funzionare in modo che i lavoratori
non siano esposti a correnti d'aria fastidiosa.
4. Qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe comportare un pericolo
immediato per la salute dei lavoratori dovuto all'inquinamento dell'aria
respirata deve essere eliminato rapidamente".
7. L'art.11 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo
1956, n.303, è sostituito dal seguente:
"Art.11 (Temperatura dei locali).
1. La temperatura nei locali di lavoro deve essere adeguata all'organismo
umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro
applicati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori.
2. Nel giudizio sulla temperatura adeguata per i lavoratori si deve
tener conto della influenza che possono esercitare sopra di essa
il grado di umidità ed il movimento dell'aria concomitanti.
3. La temperatura dei locali di riposo, dei locali per il personale
di sorveglianza, dei servizi igienici, delle mense e dei locali
di pronto soccorso deve essere conforme alla destinazione specifica
di questi locali.
4. Le finestre, i lucernari e le pareti vetrate devono essere tali
da evitare un soleggiamento eccessivo dei luoghi di lavoro, tenendo
conto del tipo di attività e della natura del luogo di lavoro.
5. Quando non è conveniente modificare la temperatura di
tutto l'ambiente, si deve provvedere alla difesa dei lavoratori
contro le temperature troppo alte o troppo basse mediante misure
tecniche localizzate o mezzi personali di protezione".
8. L'art.10 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo
1956, n.303, è sostituito dal seguente:
1. "A meno che non sia richiesto diversamente dalle necessità
delle lavorazioni e salvo che non si tratti di locali sotterranei,
i luoghi di lavoro devono disporre di sufficiente luce naturale.
In ogni caso, tutti i predetti locali e luoghi di lavoro devono
essere dotati di dispositivi che consentono un'illuminazione artificiale
adeguata per salvaguardare la sicurezza, la salute e il benessere
dei lavoratori".
2. Gli impianti di illuminazione dei locali di lavoro e delle vie
di circolazione devono essere installati in modo che il tipo di
illuminazione previsto non rappresenta un rischio di infortunio
per i lavoratori.
3. I luoghi di lavoro nei quali i lavoratori sono particolarmente
esposti a rischi in caso di guasto dell'illuminazione artificiale,
devono disporre di un'illuminazione di sicurezza di sufficiente
intensità.
4. Le superfici vetrate illuminanti ed i mezzi di illuminazione
artificiale devono essere tenuti costantemente in buone condizioni
di pulizia e di efficienza.
9. L'art.7 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo
1956, n.303, è sostituito dal seguente:
"Art.7 (Pavimenti, muri, soffitti, finestre e lucernari dei
locali scale e marciapiedi mobili, banchina e rampe di carico).-
1. A meno che non sia richiesto diversamente dalle necessità
della lavorazione, è vietato adibire a lavori continuativi
i locali chiusi che non rispondono alle seguenti condizioni:
a) essere ben difesi contro gli agenti atmosferici, e provvisti
di un isolamento termico sufficiente, tenuto conto del tipo di impresa
e dell'attività fisica dei lavoratori;
b) avere aperture sufficienti per un rapido ricambio d'aria;
c) essere ben asciutti e ben difesi contro l'umidità;
d) avere le superfici dei pavimenti, delle pareti, dei soffitti
tali da poter essere pulite e deterse per ottenere condizioni adeguate
di igiene.
2. I pavimenti dei locali devono essere esenti da protuberanze,
cavità o piani inclinati pericolosi, devono essere fissi,
stabili ed antisdrucciolevoli.
3. Nelle parti dei locali dove abitualmente si versano sul pavimento
sostanze putrescibili o liquidi, il pavimento deve avere superficie
unita ed impermeabile e pendenza sufficiente per avviare rapidamente
i liquidi verso i punti di raccolta e scarico.
4. Quando il pavimento dei posti di lavoro e di quelli di passaggio
si mantiene bagnato, esso deve essere munito in permanenza di palchetti
o di graticola, se i lavoratori non sono forniti di idonee calzature
impermeabili.
5. Qualora non ostino particolari condizioni tecniche, le pareti
dei locali di lavoro devono essere a tinta chiara.
6. Le pareti trasparenti o traslucide, in particolare le pareti
completamente vetrate, nei locali o nelle vicinanze dei posti di
lavoro e delle vie di circolazione, devono essere chiaramente segnalate
e costituite da materiali di sicurezza fino all'altezza di 1 metro
dal pavimento, ovvero essere separate dai posti di lavoro e dalle
vie di circolazione succitati in modo tale che i lavoratori non
possono entrare in contatto con le pareti né rimanere feriti
qualora esse vadano in frantumi. Nel caso in cui vengono utilizzati
materiali di
sicurezza fino all'altezza di 1 metro dal pavimento, tale altezza
è elevata quando ciò è necessario in relazione
al rischio che i lavoratori rimangono feriti qualora esse vadano
in frantumi.
7. Le finestre, i lucernari e i dispositivi di ventilazione devono
poter essere aperti, chiusi, regolati e fissati dai lavoratori in
tutta sicurezza. Quando sono aperti essi devono essere posizionati
in modo da non costituire un pericolo per i lavoratori.
8. Le finestre e i lucernari devono essere concepiti congiuntamente
con l'attrezzatura o dotati di dispositivi che consentono la loro
pulitura senza rischi per i lavoratori che effettuano tale lavoro
nonchè per i lavoratori presenti nell'edificio ed intorno
ad esso.
9. L'accesso ai tetti costituiti da materiali non sufficientemente
resistenti può essere autorizzato soltanto se sono fornite
attrezzature che permettono di eseguire il lavoro in tutta sicurezza.
10. Le scale ed i marciapiedi mobili devono funzionare in piena
sicurezza, devono essere muniti dei necessari dispositivi di sicurezza
e devono possedere dispositivi di arresto di emergenza facilmente
identificabili ed accessibili.
11. Le banchine e rampe di carico devono essere adeguate alle dimensioni
dei carichi trasportati.
12. Le banchine di carico devono disporre di almeno un'uscita. Ove
è tecnicamente possibile, le banchine di carico che superano
m 25,0 di lunghezza devono disporre di un'uscita a ciascuna estremità.
13. Le rampe di carico devono offrire una sicurezza tale da evitare
che i lavoratori possono cadere.
13bis. Le disposizioni di cui ai commi 10, 11, 12 e 13 sono altresì
applicabili alle vie di circolazione principali sul terreno dell'impresa,
alle vie di circolazione che portano a posti di lavoro fissi, alle
vie di circolazione utilizzate per la regolare manutenzione e sorveglianza
degli impianti dell'impresa, nonchè alle banchine di carico."
10. L'art.14 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo
1956, n.303, è sostituito dal seguente:
"Art.14 (Locali di riposo).
1. Quando la sicurezza e la salute dei lavoratori , segnatamente
a causa del tipo di attività, lo richiedono, i lavoratori
devono poter disporre di un locale di riposo facilmente accessibile.
2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica quando il personale
lavora in uffici o in analoghi locali di lavoro che offrono equivalenti
possibilità di riposo durante la pausa.
3. I locali di riposo devono avere dimensioni sufficienti ed essere
dotati di un numero di tavoli e sedili con schienale in funzione
del numero dei lavoratori.
4. Nei locali di riposo si devono adottare misure adeguate per la
protezione dei non fumatori contro gli inconvenienti del fumo.
5. Quando il tempo di lavoro è interrotto regolarmente e
frequentemente e non esistono locali di riposo, devono essere messi
a disposizione
del personale altri locali affinché questi possa soggiornarvi
durante l'interruzione del lavoro nel caso in cui la sicurezza o
la salute dei lavoratori lo esige. In detti locali è opportuno
prevedere misure adeguate per la protezione dei non fumatori contro
gli inconvenienti del fumo.
6. L'organo di vigilanza può prescrivere che, anche nei lavori
continuativi, il datore di lavoro dia modo ai dipendenti di lavorare
stando a sedere ogni qualvolta ciò non pregiudica la normale
esecuzione del lavoro.
7. Le donne incinte e le madri che allattano devono avere la possibilità
di riposarsi in posizione distesa e in condizioni appropriate".
11. L'art.40 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo
1956, n.303, è sostituito dal seguente:
"Art.40" (Spogliatoi e armadi per il vestiario).
1. Locali appositamente destinati a spogliatoi devono essere messi
a disposizione dei lavoratori quando questi devono indossare indumenti
da lavoro specifici e quando per ragioni di salute o di decenza
non si può loro chiedere di cambiarsi in altri locali.
2. Gli spogliatoi devono essere distinti fra i due sessi e convenientemente
arredati. Nelle aziende che occupano fino a cinque dipendenti lo
spogliatoio può essere unico per entrambi i sessi; in tal
caso i locali a ciò adibiti sono utilizzati dal personale
dei due sessi, secondo opportuni turni prestabiliti e concordati
nell'ambito dell'orario di lavoro.
3. I locali destinati a spogliatoio devono avere una capacità
sufficiente, essere possibilmente vicini ai locali di lavoro aerati,
illuminati, ben difesi dalle intemperie, riscaldati durante la stagione
fredda e muniti di sedili.
4. Gli spogliatoi devono essere dotati di attrezzature che consentono
a ciascun lavoratore di chiudere a chiave i propri indumenti durante
il tempo di lavoro.
5. Qualora i lavoratori svolgano attività insudicianti, polverose,
con sviluppo di fumi o vapori contenenti in sospensione sostanze
untuose od incrostanti, nonchè in quelle dove si usano sostanze
venefiche, corrosive od infettanti o comunque pericolose, gli armadi
per gli indumenti da lavoro devono essere separati da quelli per
gli indumenti privati.
6. Qualora non si applichi il comma 1 ciascun lavoratore deve poter
disporre delle attrezzature di cui al comma 4 per poter riporre
i propri indumenti."
12. Gli articoli 37 e 39 del decreto del Presidente della Repubblica
19 marzo 1956, n° 303, sono sostituiti dai seguenti (l'art.
38 del citato DPR 303/56 è soppresso ai sensi dell'art. 16
comma 9 del D.L. n°242 del 19/03/95 n.d.r.):
"Art. 37 (Docce).
1. Docce sufficienti ed appropriate devono essere messe a disposizione
dei lavoratori quando il tipo di attività o la salubrità
lo esigono.
2. Devono essere previsti locali per docce separati per uomini e
donne o un'utilizzazione separata degli stessi. Le docce e gli spogliatoi
devono comunque facilmente comunicare fra loro.
3. I locali delle docce devono avere dimensioni sufficienti per
permettere a ciascun lavoratore di rivestirsi senza impacci e in
condizioni appropriate di igiene.
4. Le docce devono essere dotate di acqua corrente calda e fredda
e di mezzi detergenti e per asciugarsi".
12bis. L'art. 39 del Decreto del Presidente della Repubblica 19
marzo 1956 n°303, è sostituito dal seguente:
"Art. 39 (Gabinetti e lavabi).
1. I lavoratori devono disporre, in prossimità dei loro posti
di lavoro, dei locali di riposo, degli spogliatoi e delle docce,
di gabinetti e di lavabi con acqua corrente calda, se necessario,
e dotati di mezzi detergenti e per asciugarsi.
2. Per uomini e donne devono essere previsti gabinetti separati;
quando ciò sia impossibile a causa di vincoli urbanistici
o architettonici e nelle aziende che occupano lavoratori di sesso
diverso in numero non superiore a 10, è ammessa un'utilizzazione
separata degli stessi".
13. L'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile
1955, n.547, è sostituito dal seguente:
"Art. 11 (Posti di lavoro e di passaggio e luoghi di lavoro
esterni).
1. I posti di lavoro e di passaggio devono essere idoneamente difesi
contro la caduta o l'investimento di materiali in dipendenza dell'attività
lavorativa.
2. Ove non è possibile la difesa con mezzi tecnici devono
essere adottate altre misure o cautele adeguate.
3. I posti di lavoro, le vie di circolazione e altri luoghi o impianti
all'aperto utilizzati od occupati dai lavoratori durante le loro
attività devono essere concepiti in modo tale che la circolazione
dei pedoni e dei veicoli può avvenire in modo sicuro.
4. Le disposizioni di cui all'art.8, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e
8, sono altresì applicabili alle vie di circolazione principali
sul terreno dell'impresa, alle vie di circolazione che portano a
posti di lavoro fissi, alle vie di circolazione utilizzate per la
regolare manutenzione e sorveglianza degli impianti dell'impresa,
nonchè alle banchine di carico.
5. Le disposizioni sulle vie di circolazione e zone di pericolo
di cui all'art.8, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8, si applicano per
analogia ai luoghi di lavoro esterni.
6. I luoghi di lavoro all'aperto devono essere opportunamente illuminati
con luce artificiale quando la luce del giorno non è sufficiente.
7. Quando i lavoratori occupano posti di lavoro all'aperto, questi
devono essere strutturati, per quanto tecnicamente possibile, in
modo tale che i lavoratori:
a) sono protetti contro gli agenti atmosferici e, se necessario,
contro la caduta di oggetti;
b) non sono esposti a livelli sonori nocivi o ad agenti esterni
nocivi, quali gas, vapori, polveri;
c) possono abbandonare rapidamente il posto di lavoro in caso di
pericolo o possono essere soccorsi rapidamente;
d) non possono scivolare o cadere.
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