PREMESSA Raramente abbiamo incontrato difficoltà nel preparare una relazione come in questa occasione. Nei cambiamenti e nella disinformazione quotidiana è difficile fare un’analisi e delineare delle prospettive senza rischiare di cadere, come fanno alcuni, nello strumentale allarmismo, né al contrario, rischiare di sottovalutare gli eventi. Questo accade perché i comportamenti ed i provvedimenti degli ultimi governi sono spesso contraddittori, dando la forte sensazione che molte decisioni non vengano più prese nel nostro Paese ma imposte dal di fuori. Nella precedente relazione (sembra trascorsa un’eternità) salutavamo con favore l’elezione di un uomo di colore alla guida della Casa Bianca quale grande segnale di discontinuità. Avevamo visto giusto, l’America, con la sua forza, la capacità ed abilità, patria e causa della crisi economica che ha investito il mondo, ha risolto i suoi problemi scaricandoli sull’Europa. In Europa, la forte, capace ed abile Germania ha risolto i suoi problemi scaricandoli sui Paesi più deboli, principalmente sull’Italia. L’Italia, incapace e “diversamente abile” politicamente, ha scaricato la crisi sulle fasce più deboli, pensionati e lavoratori dipendenti, dedicando molto amore soprattutto a quelli pubblici. Anche se non tratteremo con i guanti bianchi l’attuale Governo, dobbiamo ammettere che apprezziamo il dinamismo del nuovo leader, il quale è stato capace di risollevare all’estero 3 l’immagine ed il ruolo del nostro Paese. Certo, non era poi così difficile, bastava non fare cu’ cu’, le corna, o chiamare abbronzato l’uomo più potente del mondo o appellare con frasi irripetibili la donna più potente del mondo. Per quanto riguarda specificatamente il pubblico impiego abbiamo apprezzato il cambiamento “estetico” alla guida del Ministero della Funzione Pubblica, ma la linea seguita dall’attuale Ministro Madia è, e non credevamo fosse possibile, persino peggiore dei suoi predecessori. Brunetta almeno aveva il coraggio e anche l’arroganza di esprimere le proprie opinioni. Ma l’ipocrisia con cui, nel caso delle libertà sindacali, si è scaricata la responsabilità delle scelte fatte dal Governo sui cittadini, ci ha impressionati. Il nuovo Governo è portatore di una singolare concezione di democrazia diretta. Mentre Berlusconi governava con i sondaggi, Renzi lo fa con l’abilità della comunicazione e rivolgendosi direttamente ai cittadini, formulando però domande con ovvia risposta. Non vorremmo essere blasfemi ma vorremmo ricordare, sommessamente, che il corso della storia umana è cambiato quando il prefetto (è puramente casuale) Ponzio Pilato chiese alla pancia della folla chi andasse liberato. In tale concezione della politica va inserito anche il meritevole provvedimento sugli 80 euro, che va nella direzione giusta in quanto redistribuisce una infinitesimale parte dei 280 miliardi trasferiti dal ceto medio, in piena crisi, ad una piccola percentuale di 4 cittadini che si è arricchita oltre il decoroso. Oggi un dirigente privato guadagna fino a ottocento volte al mese lo stipendio di un lavoratore rispetto alle 20 volte di alcuni anni fa. Il Governo sta tentando di rottamare non solo le persone ma anche i corpi intermedi rappresentativi, creando un filo diretto con la popolazione. Anche in questo caso vorremmo sommessamente ricordare che ciò è caratteristico delle monarchie, anche se illuminate. Anche se di colore politico diverso, questo Governo sta affrontando il problema della riforma della P.A. nello stesso modo di chi lo ha preceduto. Ha capito che cavalcare il giusto malcontento verso la cattiva qualità dei servizi offerti dalla P.A., nascondendo le punte di eccellenza, come nel nostro caso la gestione del fenomeno migratorio, crea consenso elettorale, in quanto indica nei lavoratori pubblici (due volte vittime come cittadini e come lavoratori) i responsabili dello sfascio. Il Governo Renzi però mira più in alto. Non colpisce solo i lavoratori pubblici, ma delegittima le forze sociali che li rappresentano e camuffa da riforma la volontà di scardinare i diritti acquisiti con decenni di lotta; l’attuale tema dell’art. 18 è la punta dell’iceberg del tentativo. Anche in questo caso si utilizzano tecniche vecchie di duemila anni. DIVIDE ET IMPERA! Giovani contro anziani, lavoratori garantiti (esistono?) contro lavoratori non garantiti, dividendoli in lavoratori di serie A e di serie B per creare un nuovo 5 campionato, ma di serie Z. Sarebbe comico se le sue conseguenze non rischiassero di essere tragiche. Oggi i meriti del sindacato non trovano voce, non si ricorda che l’accordo del ’92 ha salvato questo Paese. La politica della moderazione salariale, ha incrinato il rapporto di fiducia con il lavoratori che non l’hanno compresa mentre è stata invece sempre elogiata da uno dei pochi grandi uomini che ha prodotto questo paese, Carlo Azeglio Ciampi, che ha sempre riconosciuto al sindacato il suo indispensabile ruolo nel salvataggio dell’Italia. Perciò facciamo fatica a comprendere le recenti accuse del premier al sindacato quando ci chiede dove eravamo quando l’economia del Paese è andata a rotoli. Il sindacato è un’associazione che tutela i diritti dei lavoratori. Questa è la sua colpa! E’ la politica che dovrebbe occuparsi di creare le condizioni economiche, di costruire le infrastrutture, di attirare gli investimenti, per facilitare la nascita di nuovi posti di lavoro. Loro dovrebbero impedire che i nostri migliori giovani cervelli debbano fuggire all’estero. Loro dovrebbero costruire una scuola in grado di formare i nostri giovani per consentirgli di avere opportunità lavorative nel nostro Paese (hanno invece sfasciato una scuola invidiataci dal mondo). Questa loro incapacità, con una stupenda e ben orchestrata campagna di stampa, viene addebitata al sindacato. Occorre interrogarci se non sia il momento di accettare la sfida, non riconoscendo più alla politica la capacità di interpretare i bisogni, le esigenze, le sofferenze dei cittadini, trasformandoci in soggetto 6 politico. Questa riflessione va fatta per impedire che la cattiva politica faccia violente incursioni nella nostra vita lavorativa e familiare. Non soffriamo di complottismo ma abbiamo la sensazione che i poteri forti abbiano capito che né con un Governo presieduto da un impresentabile, né con un Governo di professori senza legittimazione democratica, avrebbero potuto raggiungere lo scopo di piegare i diritti del lavoro al moloch del profitto. Invece, conquistare la leadership del più grande partito di sinistra dell’occidente può essere il cavallo di Troia per raggiungere l’obiettivo. Un Governo di sinistra è l’unico che può realizzare politiche di destra. NUOVO MODELLO ORGANIZZATIVO UIL-PA La IV Conferenza di organizzazione UIL-PA tenutasi a maggio 2013 ha deliberato una nuova struttura organizzativa e in conseguenza di ciò, come avrete notato, non stiamo celebrando il XII congresso della UIL-PA Interno ma la sua prima assemblea costituente. Tale nuova denominazione e numerazione esprime in maniera emblematica il cambiamento avvenuto. E’ stato deciso di modificare profondamente la struttura organizzativa della UIL-PA, per renderla più idonea ed efficiente nel rispondere alle sfide odierne, snellendo gli organismi e modificando il ruolo dei coordinamenti nazionali e delle UIL-PA territoriali. Non può sfuggire che vi è un oggettivo ridimensionamento del ruolo dei coordinamenti nazionali con una maggiore attenzione alle realtà territoriali. Plasticamente ciò è confermato dalla scelta che i delegati al congresso nazionale UIL-PA non siano più di provenienza dei coordinamenti nazionali ma siano espressione dei territori. Ci auguriamo che con l’equilibrio utilizzato dal nostro coordinamento, che ha sempre valorizzato i dirigenti sindacali periferici (tutti i nostri segretari provinciali UIL-PA erano componenti 8 del Comitato Centrale uscente), i nuovi organismi siano altrettanto rappresentativi dei coordinamenti nazionali. Non abbiamo ostacolato questi cambiamenti, tanto è vero che sia il coordinatore generale che la collega Petrilli hanno partecipato fattivamente alla commissione per la modifica dello Statuto, fornendo il proprio contributo. E soprattutto abbiamo riposto la nostra fiducia nell’attuale dirigenza UIL-PA che dovrà vigilare sulla corretta applicazione delle nuove regole conformemente allo spirito che ha prodotto la riforma, intervenendo in quei casi ove si dovessero creare frizioni fra il settore e la struttura territoriale UIL-PA. Qualche preoccupazione nasce dal fatto che il nostro coordinamento è stato antesignano dei nuovi principi. Snellezza degli organismi, rispetto delle norme statutarie che prevedevano l’invio di risorse economiche al territorio, presenza della segreteria nazionale con assemblee in tutti i luoghi di lavoro. Poiché probabilmente siamo gli unici ad aver stornato in questi anni il 30%, rispetto al 20% previsto dallo statuto, ai nostri coordinamenti provinciali, non vorremo che in futuro le strutture UIL-PA non avessero la medesima sensibilità verso il nostro settore. Infatti, potremmo arrivare all’assurdo che i veri beneficiari potrebbero essere quei settori che non ricevevano alcuna risorsa dai 9 coordinamenti nazionali ed ora avranno poco rispetto al nulla e che quindi il nostro comportamento virtuoso si ritorcesse sulle nostre strutture provinciali. Dobbiamo ribadire, con convinzione, che la vera forza della UIL-PA va ricercata nel grande senso di appartenenza ed identificazione al proprio coordinamento. La grande importanza data alla contrattazione integrativa e i grandi risultati raggiunti nel recente passato ci hanno permesso di conservare lo stesso consenso degli anni scorsi anche in mancanza di contratti e grazie all’autorevolezza che i vertici amministrativi e politici riconoscono al nostro coordinamento e all’enorme sforzo che tutti voi avete compiuto nella trincea periferica. Questa nostra peculiarità ci ha consentito di aumentare per la quinta volta consecutiva i voti e i seggi nelle elezioni delle RSU del 2012 e di triplicare i voti a favore dei colleghi, espressione della UIL, nelle recenti elezioni per la Cassa Mutua. Un saluto ed un ringraziamento per il modo trasparente ed efficiente con cui stanno gestendo la Cassa Mutua vanno al Presidente, al Vice Presidente ed ai Consiglieri di Amministrazione, che invitiamo ad intervenire illustrandoci le prospettive sull’attività della Cassa Mutua. Questa caratterizzazione ci ha permesso, nel nostro Ministero, di non farci schiacciare dai nostri fratelli-coltelli 10 confederali e dalla spregiudicatezza delle sigle autonome (i ricorsifici con obbligo di iscrizione). Siamo riusciti a tenere testa al voto ideologico dato alla CGIL (quando o perché c’era Berlusconi) ed alla potenza della macchina organizzativa della CISL. Siamo convinti che non sarebbe opportuno, in questa fase, procedere ad una nuova competizione elettorale in quanto, in realtà, le RSU non hanno potuto svolgere alcun ruolo negoziale, date le modifiche legislative e quindi sarebbe preferibile una prorogatio. Purtroppo, siamo sicuri che il Governo, approfittando della situazione e della bastonata data alle libertà sindacali, preferirà chiedere che si svolgano, auspicando una bassissima partecipazione per delegittimare definitivamente il sindacato nel pubblico impiego. Mi raccomando, non diamogli questa soddisfazione ed impegniamoci per tigna a far fallire questo progetto. Proprio per rafforzare la nostra identità fra i due colossi confederali, dobbiamo ricordare le iniziative, in gran parte riuscite, messe in campo dalla UIL-PA che ci hanno aiutato ad essere riconoscibili e, soprattutto, a darci una maggiore visibilità ed autorevolezza all’interno anche della nostra confederazione, i cui vertici spesso abbiamo sentito silenti (non è una contraddizione) a nostra difesa. Magra consolazione che anche i vertici delle altre sigle abbiano tenuto comportamenti simili. 11 Poiché dobbiamo però distinguere i comportamenti individuali permetteteci un caloroso saluto ad Antonio Foccillo Segretario Confederale con delega al pubblico impiego per la sua presenza e costante vicinanza. Dobbiamo rilevare, con soddisfazione, che alcune delle proposte contenute nella nostra relazione al precedente Congresso sono state accolte. E’ stata stipulata una convenzione con uno studio legale che ci è stato di aiuto nel contenzioso, che a seguito delle modifiche normative si è instaurato. Inoltre, è stata curata la formazione di centinaia di quadri sindacali, con il raggiungimento dell’obiettivo più importante: farli conoscere e consentirgli un importante scambio di idee e di esperienze. In considerazione dell’uso splendido che fa questo Governo della comunicazione, proponiamo che anche la UIL-PA sia al passo con i tempi, dotandosi di un ufficio stampa che approfondisca le moderne tecniche di comunicazione per renderle sempre più efficaci, concretizzando la previsione statutaria di un giornale telematico. E’ importante inventare parole d’ordine che raggiungano il cuore dei problemi. Per esempio bellissima l’idea di “RIFORMIAMO LA RIFORMA”, una delle rare volte in cui siamo stati orgogliosi della partecipazione dei colleghi. Non dimenticheremo mai la scena dei 12 600 colleghi pazientemente in fila, al Ministero, per firmare la nostra proposta. Ora dobbiamo trovare nuove formule per protestare. Lo sciopero è realmente obsoleto e troppo oneroso per le tasche dei lavoratori. Inoltre, siamo onesti, gli ultimi scioperi non hanno raggiunto percentuali a due cifre, scioperano sempre gli stessi, coloro che già hanno la sensibilità di aderire ad un sindacato. Non accettiamo più che migliaia di lavoratori pubblici speculino, ricevendo i benefici, come dei parassiti, sugli altri a cui gli aumenti contrattuali vengono decurtati dello sciopero e della tessera. La fantasia non ci manca, ma occorre vedere anche la praticabilità giuridica di nuove idee. Nella recente riunione dei coordinatori della UIL-PA abbiamo chiesto al segretario generale, Benedetto Attili, come al solito qui presente, cui va il nostro caloroso benvenuto per il fardello che gli tocca portare, di verificare, in occasione della paventata disdetta del 146, la possibilità di creare un fondo di solidarietà finanziato da tutti i lavoratori per effettuare lunghi scioperi, in quei settori nevralgici presenti in ogni amministrazione, che susciterebbero vasta eco sui mass media e quindi nell’opinione pubblica. L’esempio ci è stato fornito dalle recenti vicende che hanno riguardato il comparto sicurezza i cui sindacati, minacciando uno sciopero, vietato dalla legge, quindi illecito, hanno fatto piegare il premier “CHE NON CEDE AI RICATTI”, 13 raggiungendo un rinnovo contrattuale, anche se camuffato, di questa categoria. Come siamo orgogliosi della precedente iniziativa, così siamo indignati per le appena 13.000 mail (rispetto agli oltre 3.500.000 dipendenti pubblici) mandate al Ministro della Funzione Pubblica in occasione del suo famoso sondaggio fra i cittadini. Era stato chiesto ai lavoratori un minimo di sforzo sindacale rispondendo: RINNOVACI IL CONTRATTO. Se non vi è partecipazione anche queste moderne iniziative sono destinate al fallimento. POLITICHE DI MINISTERO Con riferimento al contratto della P.S. dobbiamo di nuovo affrontare l’argomento dell’attuazione dell’art. 36 della legge 121/81 che rappresenta un po’ il mantra del coordinamento nazionale. Più di prima c’è la necessità di ribadire con forza l’attualità dell’impianto delineato dal legislatore con la legge 121, rilevando ancora l’assoluta mancanza di volontà politica di realizzare il dettato normativo, anzi, i continui tagli agli organici dell’amministrazione civile dell’Interno impediscono, ormai nei fatti, la sostituzione delle migliaia di operatori di polizia impegnati in compiti burocratici. Il premier, col tono baldanzoso che lo contraddistingue, dichiarando “che non avrebbe ceduto ai ricatti”, ha agitato il fantasma di un intervento politico sulla sovrapposizione delle cinque polizie, caso unico in Europa e nel mondo. Sarebbe già un grosso risultato attuare quanto già il legislatore, ma era un’altra classe politica, aveva intuito 33 anni fa con l’unificazione delle sale operative e con la liberazione degli operatori di polizia dai compiti amministrativi e burocratici. Nella precedente relazione avevamo affrontato fatti di cronaca che hanno spesso ad oggetto città del meridione e di Napoli in particolare. Le recenti vicende avvenute in questa città mostrano come interi quartieri siano sotto il controllo sistematico dell’antistato in quanto fornisce agli abitanti le risorse necessarie per il loro 15 sostentamento, con un comportamento impeccabile da moderno datore di lavoro, con stipendi legati alla funzione: vedetta, trasportatore, spacciatore, aggiornati agli aumenti del costo della vita. A loro viene contrapposto un esercito demotivato e il cui impegno viene svilito agli occhi dell’opinione pubblica. Gli appartenenti ai tre settori pubblici principali: sanità, istruzione e sicurezza sono stati additati quali responsabili della crisi economica in cui versa il Paese; l’efficienza di questi tre settori rappresenta il discrimine in realtà tra uno Stato civile e moderno e uno medioevale. In qualsiasi azienda l’efficienza si ottiene con gli investimenti, non con le “accettate”. Dovremo continuare ad impegnarci per garantire, almeno ai colleghi dell’amministrazione civile in servizio negli uffici di P.S., il mantenimento dei posti di maggior responsabilità e professionalità messi in pericolo dal blocco del turn over. Da noi non vi è alcun ricambio mentre, anche se insufficienti, nuovi giovani poliziotti vengono assunti, molto spesso laureati e capaci di svolgere funzioni altamente qualificate. Infine, siamo convinti che un ulteriore danno sia stato compiuto dalla firma del contratto collettivo nazionale integrativo del 20 settembre 2010. E’ l’ultimo contratto firmato, non da noi, al Ministero dell’Interno ed era preferibile che non venisse sottoscritto. Tale argomento fu oggetto della precedente relazione congressuale 16 mentre la trattativa era in corso. Vi ricordiamo che l’ipotesi di accordo fu firmata da CGIL, CISL, FLP e UNSA, mentre all’atto della sottoscrizione definitiva la CGIL ritirò la firma. Nella nostra organizzazione questo comportamento sarebbe costato le dimissioni dell’intera segreteria. Riteniamo che sia stato un auto gol ed il definitivo de profundis della battaglia per l’attuazione dell’art. 36 legge 121 per i seguenti sintetici motivi (già esposti in passato): 1. Con i poteri che la riforma Brunetta conferisce ai dirigenti nella gestione delle risorse umane, questi ultimi hanno un potere discrezionale molto ampio, se non arbitrario, nella scelta dei colleghi cui affidare compiti di particolare rilievo professionale. Questo verrà messo alla prova dalle nuove norme in materia di conferimento e revoca delle posizioni organizzative. 2. Con questo appiattimento generalizzato si va in controtendenza rispetto ai principi di maggiore valorizzazione del lavoro pubblico, demotivando il personale che non ha più aspettative, anche se a volte solo teoriche, di miglioramento professionale. 3. Si sono vanificati i risultati delle precedenti riqualificazioni, con una oggettiva ed anche nominalistica retrocessione del personale inquadrato negli ormai ex profili professionali di direttore. 4. Ultimo, ma non ultimo, quello che rappresenta per la storia della nostra organizzazione sindacale un punto di onore e una linea guida della nostra attività: il ruolo dei nostri colleghi negli uffici di p.s. ai sensi dell’art. 36 Legge 121/81. La mancata previsione di un 17 secondo profilo apicale nell’area terza risulterà penalizzante nei confronti di un’Amministrazione gerarchizzata, quale quella della P.S., restringendo gli spazi professionali e la tutela di tutto il personale dell’amministrazione civile dell’Interno. Nonostante il plauso per la nostra scelta di coerenza, ciò non si è tradotto in aumento di iscrizioni, che avrebbe confermato ulteriormente la giustezza della nostra linea. Questo è dovuto principalmente al fatto che spesso per i colleghi le varie sigle sindacali non hanno proprie politiche o identità ma sono genericamente il “Sindacato”. Il secondo argomento importante che ciclicamente il coordinamento deve affrontare è quello del destino delle Prefetture. Anche in questo caso fino ad oggi vi sono stati “stop and go”. Ma ora siamo arrivati realmente ad uno snodo nevralgico. Il potere politico ha fittiziamente soppresso le provincie. Ci vorrebbero pagine e pagine per spiegare ai cittadini come questa sia l’ennesima presa per i fondelli ai loro danni con nessun risparmio ma maggiore inefficienza, ma ci limiteremo ad esaminare le ricadute sulla struttura organizzativa centrale e periferica del Ministero. Le prefetture sono svincolate dall’ambito provinciale ma, nonostante ciò, entro fine anno ci troveremo a gestire situazioni difficilissime. Nel passato siamo riusciti a salvaguardarle, legandole 18 al destino delle provincie ma con la loro finta chiusura ciò non sarà più possibile. E’ inutile raccontarvi gli scontri con i vari Ministri dell’Interno. Il più acceso proprio con il precedente, per di più ex prefetto che, nonostante tale esperienza lavorativa o proprio per tale conoscenza (a pensar male si fa peccato …), ha aperto una breccia accettando l’ipotesi di un arretramento dello Stato camuffato da razionalizzazione. In quel solco il nuovo premier ha ipotizzato l’esistenza solo delle prefetture capoluogo di regione, mercanteggiando poi il numero di quaranta. Allo stato vi sono tre fatti. Entro il 31 ottobre 2014 verrà adottato il taglio degli organici. Per quanto riguarda il personale contrattualizzato, almeno ancora per stavolta i dati numerici consentiranno che nessun collega vada in esubero, ma i tagli ai posti di prefetto avranno delle conseguenze; infatti, ad ognuno di questi corrisponde una funzione. Entro il 31 dicembre, sulla base di tali tagli il Ministero adotterà un provvedimento di riorganizzazione delle strutture centrali e periferiche. In vulgaris significa che un certo numero di prefetture potrebbero essere soppresse e accorpate se i tagli non dovessero concentrarsi unicamente al centro. Analogamente, dato l’impianto della l. 121 verrebbero soppresse o declassate le questure e i comandi dei vigili del fuoco. Questi provvedimenti non hanno nulla a che vedere con l’attuale disegno di legge delega sulla Pubblica Amministrazione che, 19 schizzofrenicamente, va nel senso opposto ipotizzando gli uffici territoriali dello Stato e quindi valorizzando le attuali competenze dei vecchi UTG. Ma questo al di là di venire. Per il momento la mano destra non conosce ciò che fa la sinistra. I provvedimenti che vengono emanati non aiutano a capire gli obiettivi di lungo termine ma sembrano dettati dal solito e ben conosciuto metodo dei tagli, tagli, tagli e ancora tagli. Cose che anche una buona massaia è in grado di fare. Cosi creano un clima di incertezza e di paura che non costituisce sicuramente il terreno favorevole per il rilancio del nostro Paese. L’eventuale accorpamento degli uffici ha ricadute sulla vita personale e familiare dei lavoratori, impoverisce quelle città che hanno un indotto, soprattutto commerciale, che sopravvive grazie alla presenza di uffici pubblici, si allontanano i servizi ai cittadini, con costi per loro sempre maggiori e senza tener conto che spesso questa riduzione di uffici non porta risparmi ma maggiori spese. Perché dovremmo rassegnarci ad una vita in discesa quando importanti economisti affermano che la crescita è aiutata dal miglioramento delle condizioni economiche dei lavoratori e non dalle manovre depressive che vengono adottate? Poiché riteniamo che le nostre ragioni si basino non solo sul buon senso, elemento che manca a molti, ma anche su solide ragioni giuridiche ed economiche e su motivazioni a salvaguardia della coesione sociale, dobbiamo continuare con forza, con la 20 partecipazione dei lavoratori, a mobilitarci ed a convincere i nostri interlocutori delle nostre idee. La Segreteria nazionale è stata sempre impegnata in prima fila ritenendo che in questa guerra, perché di questo si tratta, dovesse cadere ogni steccato. Siamo stati promotori e abbiamo partecipato, dando il nostro formale ed apprezzato contributo, a tutte le iniziative messe in campo dalle organizzazioni rappresentative delle varie anime del nostro Ministero. Abbiamo dialogato con i sindacati dei prefettizi, della polizia di stato, dei vigili del fuoco, senza nessun pregiudizio, convinti che solo uniti abbiamo qualche concreta possibilità di far ritornare la politica sui propri passi. Un esempio efficace è dato dalla nostra partecipazione al recente convegno del SINPREF, alla presenza di autorevoli politici come il Dott. Gianni Letta (ex Sottosegretario alla Presidenza del governo Berlusconi), l’ex Ministro della Sanità Balduzzi e del Dott. Raffaele Cantone, Presidente dell’authority anticorruzione. Proprio quest’ultimo, in tale occasione ha dichiarato che per svolgere efficacemente il proprio compito ha necessità indispensabilmente dell’ausilio delle Prefetture. I lavori del convegno e l’intervento della segreteria UILPA-Interno sono disponibili sul sito www.radioradicale.it/soggetti/claudio-palomba. Purtroppo le nostre preoccupazioni non vengono comprese neanche dai lavoratori che probabilmente attendono di conoscere 21 quali sedi saranno coinvolte dai processi di ristrutturazione. Il rischio è che questi lavoratori “interessati” vengano lasciati soli mentre coloro che non vedranno la propria sede fra le prescelte tireranno un sospiro di sollievo. È ciò che già sta accadendo con la chiusura della SSAI che crea fibrillazione unicamente nei colleghi che prestano lì servizio. Senza solidarietà siamo tutti destinati a scomparire. Per far comprendere come siamo vittime della follia politica vi ricordiamo che appena tre anni fa l’Amministrazione effettuò un interpello tra i colleghi disponibili a trasferirsi nelle nuove tre provincie di Monza e Brianza, Barletta-Andria-Trani e Fermo. Cosa gli diremo? Abbiamo scherzato? Avete lasciato casa? Iscritto i propri figli nelle scuole delle nuove sedi? Chi se ne frega!!! PREVIDENZA COMPLEMENTARE UN’OCCASIONE MANCATA? Nella precedente relazione utilizzammo lo stesso titolo. Nella prossima toglieremo il punto interrogativo e metteremo il punto esclamativo. Da dove deriva questo convincimento? Dai risultati concreti ottenuti dall’istituzione, successivamente al precedente congresso, del fondo pensioni Sirio per i dipendenti pubblici dei ministeri, delle agenzie, delle università, ecc. Abbiamo potuto seguire le vicende di questo fondo da un osservatorio privilegiato in quanto il nostro coordinatore generale è stato designato dalla UILPA nel Consiglio di Amministrazione. A fronte della platea di possibili destinatari, oltre trecentomila, vi hanno aderito meno di duemila lavoratori. Di questi, moltissimi sono iscritti alla UIL e la maggiore adesione è avvenuta fra colleghi del Ministero dell’Interno. Il che ci fa comprendere che l’adesione non è frutto di una valutazione ponderata, ma spesso deriva dal rapporto fiduciario nei confronti della persona che ti illustra l’argomento. Questo risultato ha reso necessario che le parti costitutive del fondo (amministrazioni e sindacati) valutassero l’opportunità di fonderlo con il fondo Perseo (sanità ed enti locali) dando vita al nuovo fondo SIRIO- PERSEO. 23 Il fondo Perseo, che aveva una potenziale platea di aderenti oltre il milione, ha ricevuto adesioni superiori alle diecimila unità. L’intento, con la fusione, è di realizzare un fondo che abbia le dimensioni per sostenersi, razionalizzando le spese amministrative. Nel corso delle riunioni fatte con i lavoratori abbiamo avuto modo di comprendere i motivi della scarsa adesione. I veri destinatari del fondo sono i neo assunti, principalmente quelli dopo il 2001, che si trovano già in trattamento di fine rapporto. La previdenza complementare è stata istituita principalmente per loro. Questi giovani andranno in pensione, con una pensione di così detto di “primo pilastro” (INPS ex INPDAP), che nella migliore delle ipotesi non supererà il 60% dell’ultima retribuzione. Solo costituendosi una pensione di “secondo pilastro” (integrativa) avranno la speranza di una vita dignitosa dopo quella lavorativa. Ma poiché il lasso di tempo affinchè questo avvenga (grazie alla Fornero) è molto al di là nel tempo, i nostri giovani vivono da cicale anzichè da formiche, credendo che quel momento non arriverà mai. Tutto ciò aggravato dal fatto che i neo assunti sono in numero assai limitato. Per quanto riguarda gli altri, c’è una diffidenza assoluta a trasformare la liquidazione in TFR, ritenendo la prima assolutamente sicura, mentre la seconda incerta e, quindi, non hanno il coraggio di trasformarla. Sono quelle certezze che ormai non 24 poggiano su nulla. Infatti, la ministra Fornero è riuscita, tra le lacrime, a rinviare nel tempo la non sostenibilità del sistema pensionistico italiano. Portando l’età pensionabile ai livelli massimi dell’intera Europa, ha risolto momentaneamente il problema, spostando di qualche anno la resa dei conti. La sua riforma del lavoro è totalmente fallimentare nel dare risposte ai giovani. Non vi è stato nessun miglioramento nella loro condizione, tanto è vero che, nonostante l’introduzione di selvagge forme di precariato, la disoccupazione giovanile ha i livelli più alti percentualmente di tutti i Paesi occidentali. Questo è il vero nodo, il vero problema dei problemi, la madre di tutte le guerre, che una politica inetta e parolaia non riesce ad affrontare e risolvere. Fra pochi anni gli occupati saranno in numero tale da non consentire, con i loro contributi, a salvaguardare le pensioni delle persone non più in attività lavorativa. Dobbiamo dire che la UIL è l’unica organizzazione che ha mostrato sensibilità sul tema della previdenza complementare. E’ l’unica organizzazione che ha tenuto un modulo formativo su tale argomento, aperto a centinaia di quadri. Ma ciò non è bastato! Data l’inerzia delle altre organizzazioni e, soprattutto, dei datori di lavoro che non hanno minimamente pubblicizzato l’iniziativa, permettendo allo Stato un enorme risparmio; moltiplicate l’1% a carico del datore di lavoro per ogni lavoratore che avesse aderito. Infine, la mancanza di aumenti contrattuali nell’ultimo quinquennio, purtroppo, spesso non consente al lavoratore di utilizzare per la pensione integrativa 25 neanche quelle poche decine di euro perchè gli servono per arrivare a fine mese. Con dolore, a volte, vediamo colleghi che si cancellano dal sindacato, motivandolo, in molti casi sinceramente, con l’impossibilità di pagare anche quei dieci euro mensili. Il nuovo fondo SIRIO-PERSEO, date le dimensioni, dovrà impegnarsi per una capillare informazione. I lavoratori hanno il diritto di decidere ma devono anche sapere su cosa decidere. Gli viene richiesto un piccolo sforzo: PARTECIPARE ALLE RIUNIONI CHE TRATTANO L’ARGOMENTO. Purtroppo, spesso i rappresentanti sindacali vengono percepiti come promoter di assicurazioni. I pregiudizi e la diffidenza sono tali da impedire di comprendere i vantaggi che derivano dall’adesione ad un fondo pensione negoziale. A titolo esemplificativo il fondo SIRIO nel suo primo anno di vita ha ottenuto un rendimento del 7,41% sui contributi versati (quota lavoratori e quota datori di lavoro) ed il 5,38% sui contributi figurativi gestiti dall’INPS. Ribadiamo che non è un caso che il Governo non pubblicizzi adeguatamente l’iniziativa, dimostrando anche in questo caso il suo provincialismo, in quanto, in tutti i Paese del mondo, i fondi pensione, con un’oculata gestione del patrimonio, realizzano gli interessi dei propri aderenti aiutando nel contempo l’economia finanziaria e reale. Su questo, come su altri argomenti, ne abbiamo di strada da fare. RISULTATI E PROPOSTE È indispensabile delineare nuove strategie partendo dai risultati ottenuti in questi anni, raggiunti nonostante un contesto difficilissimo “per usare un eufemismo” per la mancanza dei rinnovi contrattuali che avrebbe dovuto distruggere la stessa ragion d’essere del sindacato nel pubblico impiego. L’attacco, culminato con il recente dimezzamento delle libertà sindacali, metterà a dura prova la nostra operatività. E’ l’occasione a nome di noi tutti e della segreteria in particolare di esprimere con tutto l’affetto un ringraziamento alla collega Francesca Salvatori, per l’attività svolta in questi quindici anni. Forse poco conosciuta al di fuori dell’organizzazione, ma vero faro per noi tutti e presidio permanente nella sede nazionale. Ora dovremo trovare un nuovo equilibrio, aumentare il nostro impegno per affrontare le prossime sfide, confidando soprattutto nel vostro aiuto e sulla vostra comprensione. Con sincerità dobbiamo confessare che la demotivazione e lo scoramento, in alcuni momenti hanno preso il sopravvento anche in noi, ma fortunatamente da sindacalisti gli attacchi ci forniscono nuova linfa per incazzarci e reagire. Mi dispiace dirlo, ma in questo momento siamo diversi e migliori di molti nostri rappresentati che accettano con ineluttabilità il loro destino. Scusate la digressione e parliamo dei risultati ottenuti nonostante il deserto dei tartari. 27 Come già ricordato, la UIL-PA ha dato impulso alla formazione, ha cercato una nuova forma di organizzazione, ha intrapreso iniziative innovative come “RIFORMIAMO LA RIFORMA” o acquistando una pagina dei principali quotidiani per far sentire la nostra voce, e per ridare autorevolezza e visibilità anche all’interno della nostra confederazione. Non dimentichiamo alcune battaglie portate a buon fine come, ad esempio, l’avere evitato lo scippo perpetrato attraverso l’illegittima trattenuta del 2,50%. Siamo stati i primi, anche se poi le vittorie hanno molti padri. Per quanto riguarda il coordinamento nazionale, abbiamo sottoscritto gli accordi del Fondo unico di Amministrazione 2011- 2012-2013-2014, con un risultato politico importante. Per i primi due anni solo noi e la CISL abbiamo firmato gli accordi, con annesse contumelie, ma grazie alla nostra costante ricerca dell’unità anche la CGIL quest’anno ha firmato il FUA 2013 e 2014. Con gli ultimi accordi abbiamo raggiunto un duplice scopo, rispettare l’impegno di trasferire la maggior parte del salario accessorio nel trattamento fondamentale, evitando che il ripetersi di incursioni legislative (ricordate lo scippo dei fondi di amministrazione del 2009?) possano danneggiarci. Abbiamo inoltre, con un impegno defaticante rispetto ai benefici ottenuti, convinto o meglio costretto l’Amministrazione a 28 stipulare le convenzioni Tim e Sky. Se non puoi farci guadagnare almeno facci risparmiare. Un altro impegno onorato è stata l’eliminazione del precariato nella nostra amministrazione, con la progressiva stabilizzazione sia dei 650 lavoratori a tempo determinato presso lo sportello unico per l’immigrazione, sia di quelli provenienti dall’ex AGES. Quella del precariato è un’esperienza che non vorremmo più ripetere, l’abbiamo prima dovuta subire per tutti questi anni e poi a noi è stato chiesto di risolverla. Quando il premier Renzi ci attacca chiedendoci dove eravamo quando è sorto il fenomeno del precariato, noi della UIL-PA-Interno possiamo con orgoglio rispondere “a risolvere il problema creato da politici come te”. Ora, inutile nasconderlo, siamo in una fase difensiva, ma dobbiamo formulare comunque proposte alternative alla demagogia politica. La reazione deve essere confederale, di federazione e di settore. I confederali dovranno respingere l’attacco ai diritti sindacali collettivi ed individuali, fornire proposte per la lotta al precariato, non basate unicamente sul tema scelto subdolamente dalla politica come terreno di battaglia ideologica sull’art.18 e, soprattutto, spingere sul grande tema dell’equità fiscale e della redistribuzione di risorse nel Paese. 29 Per quanto riguarda le politiche di federazione, riteniamo utile fornire qualche spunto, anche se qualcuno potrebbe sembrare velleitario. Meglio una cattiva proposta che nessuna proposta. Per dimostrare che il sindacato ha a cuore il patto generazionale, proponiamo che in cambio della perdita dell’ingente potere d’acquisto dei nostri salari, vi sia una riduzione dell’orario di lavoro da utilizzare unicamente per consentire l’assunzione di almeno 100.000 giovani. E’ il vecchio slogan attualizzato del “lavorare meno, lavorare tutti”, potrebbe anche il significare che il Paese crede ancora nella Pubblica Amministrazione in quanto investe nel ricambio generazionale. Provocatoriamente, proponiamo l’abolizione del cumulo di impieghi per i redditi inferiori ai 25.000 euro. E’ la soglia di povertà decisa dal Governo. Ci siamo trovati molte volte, nel quotidiano patronato, in seria difficoltà per ottenere il nulla osta ad esercitare attività di ingegno di alcuni nostri colleghi, cantanti lirici, volontari della protezione civile, pittori ecc. Nel frattempo, in questo Paese, il precedente presidente dell’INPS, che rivestiva un incarico che andrebbe esercitato 25 ore al giorno, data la delicatezza della materia e dell’emarginata platea cui si riferisce, poteva permettersi di cumulare decine di onerosi e onorati incarichi senza la minima contestazione. Questo è il vero problema dell’Italia, ci abituiamo a tutto e non ci scandalizziamo, di conseguenza non ci indigniamo. 30 Con la confederazione e la federazione, dobbiamo difendere ad oltranza la necessità della presenza dello Stato sul territorio per garantire servizi minimi uguali a tutti i cittadini. Dobbiamo inoltre prendere ad esempio la tanto decantata Germania, consentendo ai lavoratori di partecipare agli utili ed al controllo dell’impresa, sia nel campo privato che nel campo pubblico. Trascriviamo, perché ancora attuale, la parte della relazione della segreteria del precedente congresso, relativa all’argomento. “Noi del Ministero dell’Interno possiamo avere la medesima opportunità riorganizzando il sistema sanzionatorio che, oggi, funziona così male da far finire in prescrizione moltissime sanzioni pecuniarie per violazione, ad esempio, delle norme del codice della strada. Noi proponiamo un progetto finalizzato ad un più adeguato sistema di recupero delle sanzioni, attraverso un valutabile miglioramento dell’efficienza, ottenendo, però, che una percentuale dei maggiori introiti dello Stato vadano attribuiti agli artefici di tale miglioramento, e cioè ai lavoratori. In questo modo si potrebbe creare un circolo virtuoso che permetterebbe un continuo finanziamento del fondo di amministrazione correlato ad un verificato aumento dell’efficienza e della produttività. Inoltre, ed è una cosa a cui un politico dovrebbe porre attenzione, questo progetto impedendo la prescrizione delle sanzioni avrebbe anche una funzione educativa in 31 quanto garantirebbe la “certezza della pena” e potrebbe indurre il cittadino ad un maggiore rispetto delle norme.” Le idee non ci mancano. Dobbiamo solo ritrovare la voglia e la forza di realizzarle. Un’occasione ci sarà fornita dalla grande manifestazione dell’8 novembre, indetta da tutte le sigle sindacali a difesa della pubblica amministrazione, di chi vi lavora e dei cittadini. Come affermava il grande Giorgio Gaber “Democrazia è partecipazione”. E’ difficile terminare senza banalità e retorica, quindi ci appropriamo ancora una volta dei nobili pensieri di altri. Nel precedente congresso citammo John Fitzgerald Kennedy ora utilizzeremo le parole di un altro grande, Martin Luther King I HAVE DREAM esprime in maniera poetica il desiderio di lasciare un mondo migliore ai nostri figli. Ci toccherà lottare perché almeno non sia peggiore. |