CIRCOLARE N. 64
15 ottobbre 2003
SCIOPERO GENERALE
Si trasmette la circolare n.51 del 13 ottobre
2003 della UIL-PA nella quale si spiegano analiticamente i motivi
che hanno portato alla proclamazione dello sciopero per la giornata
del 24 ottobre p.v.
UIL Pubblica Amministrazione
RIFORMA DEL SISTEMA PENSIONISTICO:
LE CATEGORIE DEL PUBBLICO IMPIEGO SPIEGANO LE RAGIONI DEL DISSENSO
Vi trasmettiamo in allegato il documento unitario che la UIL-Pubblica
Amministrazione ha predisposto insieme alla CGIL-FPS, alla CISL-FPS
e alla UIL-FPL per illustrare i motivi di forte dissenso e preoccupazione
che hanno indotto le OO.SS. a proclamare lo sciopero generale
del 24 ottobre. Nel documento sono anche ben evidenziate le ulteriori
penalizzazioni presenti nel progetto di riforma nei confronti
dei lavoratori pubblici che risultano ancora una volta svantaggiati
rispetto ai lavoratori privati, poiché ad essi vengono applicati
sicuramente gli aspetti negativi della riforma (taglio delle pensioni
di anzianità, riduzione dei trattamenti di pensione a partire
dal 2008), mentre per quelli positivi (per quanto discutibili)
come gli incentivi a permanere in servizio o l'avvio della previdenza
complementare non vi è alcuna certezza. Invitiamo quindi tutte
le strutture a dare la massima diffusione al documento unitario
e, insieme, ad avviare una attenta e capillare opera di sensibilizzazione
nei posti di lavoro, in preparazione dello sciopero generale proclamato
dai sindacati unitari per il giorno 24 ottobre.
Fraterni saluti. IL SEGRETARIO GENERALE (Salvatore
Bosco)
RIFORMA DEL SISTEMA PENSIONISTICO
La proposta di rjforma del sistema previdenziale avanzata dal
Governo Berlusconi si articolerà in due tappe: dal 2004 scatteranno
gli incentivi per i lavoratori DEL SOLO SETTORE PRIVATO che pur
avendo maturato il diritto a pensione rimangono al lavoro, nonchè
la certificazione dei diritti acquisiti. Dal 2008 l'intervento
sarà strutturale con l'applicazione della regola "quota 40".
Incentivi per i dipendenti privati. Per i lavoratori DEL
SOLO SETTORE PRIVATO, la proposta quindi esclude il pubblico impiego
rimarcando ancora una volta differenze che la legge Dini aveva
superato, che ritarderanno il pensionamento tra il 2004 e il 2008,
pur avendo maturato i requisiti previsti per il pensionamento,
è previsto un incentivo pari al 32,7% della retribuzione.
Tale incentivazione è però costituita anche dalla quota dei contributi
che il dipendente paga e quindi si tratta di un incentivo in quota
parte finanziato dal lavoratore stesso. La misura prevista rischia
di avere effetti dirompenti nei confronti delle future pensioni.
Il nostro sistema previdenziale, infatti, è un sistema a ripartizione
basato sulla solidarietà intergenerazionale, per cui i contributi
versati da chi lavora servono a pagare le pensioni di coloro che
cessano l'attività lavorativa. Appare evidente che l'incentivazione,
unitamente alla decontribuzione per i nuovi assunti già prevista
nella legge delega, agisce sul sistema previdenziale sottraendo
risorse per le future pensioni e innesca un meccanismo di impoverimento
delle casse degli Enti previdenziali. Incentivi oggi per pensioni
più povere domani.
Anche per il lavoratore che usufruirà dei bonus il beneficio non
è poi così evidente. Infatti la pensione maturata rimarrà cristallizzata
a partire dal 1 gennaio 2004 e non potrà essere rivalutata per
gli anni di lavoro successivi nel corso dei quali il lavoratore
ha fruito dell'incentivo. In pratica il lavoratore si ritroverà
con una pensione "vecchia e ripagherà per tutta la sua futura
vita l'incentivo preso.
Con il predetto meccanismo diminuiranno le entrate contributive
degli enti previdenziali rendendo quindi per il futuro impossibile
il pagamento delle attuali rendite ai pensionati, aprendo di fatto
il sistema pensionistico italiano al business delle compagnie
assicurative private.
Si smantellano così le pensioni pubbliche aprendo la via alle
pensioni private distruggendo lo stato sociale.
Quota 40 per chi è in regime retributivo.
A partire dal 2008 si potrà andare in pensione solo con 40 anni
di anzianità contributiva o con 65 anni ( 60 anni per le donne).
Per chi matura il diritto prima del 2008 resta, invece, la precedente
disciplina.
La riforma introduce un sistema articolato in diversi regimi:
retributivo semplice per coloro che acquisiranno
il diritto al pensionamento entro il 31.12.2007 e quindi potranno
poi mantenere le precedenti modalità di pensionamento;
retributivo con premio per coloro che avendo già
maturato i requisiti per il pensionamento rimangono al lavoro
godendo degli incentivi;
retributivo con allungamento degli anni di lavoro
per coloro che nel 2008 non avendo raggiunto i requisiti dovranno
puntare ora verso "quota 40".
La proposta realizza una serie di disparità di trattamento introducendo
iniquità tra gli stessi lavoratori. Nello stesso luogo di lavoro,
infatti si troveranno a gomito a gomito lavoratori che pur avendo
anzianità quasi uguali saranno soggetti non solo a discipline
diverse per il pensionamento ma anche a livelli retributivi differenziati.
Tutto il sistema previsto, inoltre, crea un irrigidimento del
mercato del lavoro con evidenti difficoltà.
Quota 40 per chi è in regime contributivo pieno.
Per coloro che sono stati assunti dopo il 31 dicembre 1995 e che
sono in regime contributivo, si introduce una ulteriore e più
forte penalizzazione. L'intervento, infatti, scardina completamente
la ratio della riforma Dini. Quest'ultima, introducendo la possibilità
di andare in pensione con breve anzianità (cinque anni di contributi
legata all'età anagrafica), aveva come obiettivo quello di incoraggiare
il versamento di contributi da parte di persone con brevi anzianità
contributive e sostanzialmente di fare emergere il lavoro sommerso.
Tutto questo è superato e si disegna un futuro quantomeno difficile
per i futuri pensionati che si troveranno con pensioni ridotte
(50% e ancora meno dell'ultima retribuzione) e con la necessità
di raggiungere l'età massima o i 40 anni di anzianità contributiva.
In un mercato che sempre più si dirige verso una spinta precarizzazione
e con una età di ingresso del mondo del lavoro elevata, l'effetto
sarà nefasto. In altre parole, proprio oggi si stanno preparando
nuove povertà e una nuova emergenza sociale non ancora appresa
in pieno.
Lavoratori autonomi. la riforma conferma ed accentua le
iniquità del sistema previdenziale in quanto a fronte di una contribuzione
del mondo del lavoro dipendente pari aI 32,7%. i contributi versati
dai lavoratori autonomi (artigiani, commercianti, liberi professionisti,
collaboratori autonomi, ecc.) sono pari a circa il solo 18%. Il
Governo, inoltre, non introduce alcun meccanismo di lotta al lavoro
nero ed all'evasione ed elusione fiscale, anzi proroga vecchi
condoni e ne crea di nuovi. Previdenza complementare. Gli
interventi prospettati non affrontano il discorso complessivo
della tutela previdenziale del pubblico impiego a partire dalla
previdenza complementare. La riduzione dei tassi di sostituzione
prodotta dalle riforme previdenziali doveva essere recuperata
dall'avvio della previdenza complementare che, tuttavia, proprio
nel comparto del pubblico impiego non è ancora stata attuata con
un danno pari a circa 1% in meno per ogni anno di ritardo. Malgrado
siano trascorsi più di otto anni dall'avvio dalla legge di riforma
tutto è rimasto immutato e la possibilità di aderire ad un fondo
pensione è solo sulla carta, con un grave ed irreparabile danno
per lavoratori medio-giovani.
Il Governo è colpevolmente responsabile nei confronti di lavoratori
pubblici in quanto non solo non finanzia la Previdenza complementare
che doveva costituire un pilastro fondamentale della riforma Dini,
ma incamera addirittura i contributi versati dagli stessi lavoratori.
Trattamento di fine rapporto. Rimane ancora irrisolto il
nodo del trattamento di fine rapporto per i pubblici dipendenti.
Per i neoassunti al 2001 è prevista l'applicazione dell'Istituto
ma il T.F.R. è solo virtuale, cioè, senza effettive risorse. Per
gli altri dipendenti, non potendo aderire ad un fondo che non
esiste, rimane ferma la vecchia disciplina (indennità di buonuscita
e indennità di premio servizio) che si caratterizza non solo per
una più ridotta base di calcolo rispetto al T.F.R. dei privati,
ma anche per il contributo a carico del lavoratore del 2,50% (pari
a circa 1/3 della Buonuscita maturata).
Evidente è la disparità di trattamento, infatti il pubblico dipendente
finanzia per 1/3 la propria liquidazione, mentre per il dipendente
privato la liquidazione è a totale carico del datore di lavoro.
Per i pubblici impiegati, inoltre, è escluso il diritto di richiedere
una anticipazione del T.F.R.. In definitiva l'impianto complessivo
della proposta rischia di creare danni enormi per le future generazioni
e non affronta nodi importanti come quelli della previdenza complementare
nel pubblico impiego, mirando solo a fare cassa in spregio ai
diritti dei lavoratori.
Il Governo in pratica non attuando una equilibrata
politica economica finalizzata allo sviluppo del Paese si limita
a sterili e altamente penalizzanti interventi con il solo obiettivo
di effettuare "operazioni di cassa", colpendo lo stato sociale,
le classi più deboli (lavoratori monoreddito, lavoratori precari,
disoccupati, pensionati) ed evidenziando un perverso accanimento
contro il mondo del lavoro dipendente ed in particolare contro
i lavoratori pubblici.